Accordo per accogliere i migranti della Gregoretti. La disponibilità della Chiesa italiana
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Sono sbarcati i migranti della nave Gregoretti della Guardia costiera che da giorni era ormeggiata al porto di Augusta, Siracusa. Le operazioni sono iniziate intorno alle 14 di oggi. Centoquindici i migranti che erano rimasti sull'imbarcazione perchè in precedenza uno di loro era stato fatto scendere a causa di problemi sanitari. Allo sbarco seguiranno le operazioni di identificazione.
L'autorizzazione allo sbarco
Stamattina il ministro degli Interni, Matteo Salvini, aveva comunicato tramite Facebook che aveva dato l’autorizzazione allo sbarco. "Problema risolto”, aveva scritto Salvini, spiegando che motivo dello sblocco di questa ennesima vicenda legata all’immigrazione, era stata la disponibilità a farsi carico delle persone a bordo della nave da parte di 5 Paesi europei: Germania, Portogallo, Francia, Lussemburgo, Irlanda. Ma c’era stato anche il sì della Chiesa italiana all’accoglienza di alcune decine di loro. In un comunicato dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana, si specifica che saranno una cinquantina e che saranno accolti presso la struttura “Mondo Migliore” di Rocca di Papa (Roma).
Il comunicato della CEI
“In tal modo la Conferenza Episcopale Italiana, tramite Caritas Italiana, - si legge nel comunicato - si è impegnata con proprie risorse professionali ed economiche a corrispondere a una richiesta del Ministero dell’Interno alla Chiesa Italiana di farsi carico dell’ospitalità, dell’accoglienza e dell’assistenza – anche legale – di queste persone. L’iniziativa, in coerenza con analoghe misure assicurate dalla CEI in supporto sussidiario al sistema di accoglienza italiano, si colloca in un orizzonte di collaborazione che vede lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica compartecipi nell’assistenza e accoglienza dei migranti”.
Un gesto in continuità da parte della Chiesa
Non è la prima volta che la Chiesa italiana si mette in gioco. Don Ivan Maffeis, sottosegretario della Conferenza episcopale italiana e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, lo conferma ai nostri microfoni:
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