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Cristiani pakistani in preghiera Cristiani pakistani in preghiera 

Pakistan: la pace passa attraverso il dialogo tra le religioni

Il Pakistan continua ad essere scosso da continue violenze in particolare contro le minoranze religiose ed etniche. In questo scenario le varie confessioni, quella cristiana compresa, sono oppresse da atteggiamenti discriminatori e quindi in diminuzione

Roberto Artigiani – Città del Vaticano

L’arcivescovo di Lahore, monsignor Sebastian Shaw, ha aperto il seminario “Armonia religiosa, necessità sociale” con l’obiettivo di alimentare il dialogo tra le religioni per annullare la violenza e diffondere l’immagine di una Chiesa aperta alla bellezza della diversità e lontana da tentativi di conversione. Un incontro necessario per scuotere l’indifferenza generale del Paese, a cui hanno partecipato più di 300 fra sacerdoti, pastori protestanti e religiosi islamici. L’evento si inserisce in un quadro difficile descritto da padre Bernardo Cervellera, missionario del Pime e direttore di Asia News.

Le origini del fondamentalismo

“Il Pakistan ha avuto due grandi fonti di fondamentalismo – spiega ai microfoni di Radio Vaticana Italia padre Cervellera – da un parte i talebani che fuggivano nel Paese quando combattevano contro i russi e hanno creato scuole talebane sul territorio riversando il loro fondamentalismo islamico. Poi c’è stato un uso dell’Islam dal punto di vista politico, soprattutto da parte del dittatore Zia-ul-Haq. Tutto questo ha creato 25.000 scuole islamiche fondamentaliste che creano studenti fondamentalisti, adulti fondamentalisti che sono diventati un partito politico che ha un’influenza enorme sulla situazione sociale e sul governo”.

Cristiani vittime di violenza quotidiana

In questo scenario la vita degli appartenenti a minoranze religiose è tutt’altro che facile, come racconta padre Cervellera. Infatti: “I cristiani sono una piccolissima minoranza, l’1,3% di tutta la popolazione, sono continuamente bersagliati e non sono considerati. Ci sono ruberie di terreni, espropri di case, ma anche violenze motivate da problemi sociali. Non contano nulla e il governo pur dicendo di voler tutale le minoranze non fa assolutamente nulla”.

Ascolta l'intervista a padre Bernardo Cervellera

L’esempio del caso Asia Bibi

Asia Bibi, una pakistana cristiana accusata di blasfemia e incarcerata per anni in attesa di giudizio. Padre Cervellera a questo proposito fa notare che “il governo è molto attento a non andare contro ai partiti fondamentalisti perché ne ha bisogno. Qualche volta per le pressioni dei governi della comunità internazionale fa qualche passo nel tentativo di dare un’immagine più liberale. È il caso di Asia Bibi che è stata liberata e a cui è stato permesso di lasciare il Paese, però prima era stata 10 anni in prigione in attesa del processo”.

Cercare la pace attraverso l’unione e il dialogo

Di fronte a questa situazione il seminario che si è tenuto a Lahore sembra poter portare quello di cui c’è bisogno per pacificare i rapporti tra le varie confessioni presenti in Pakistan. Come dice padre Cervellera: “Il dialogo tra religioni diverse può realizzarsi a partire dalla collaborazione dei vari gruppi minoritari presenti nel Paese. Cristiani, cattolici e protestanti, sikh, indù e sciiti, possono spingere perché il governo faccia delle leggi che difendano le minoranze”. Rimane però la questione più grande, chiosa padre Cervellera: “Chiedere al governo di influenzare le scuole fondamentaliste che ogni anno sfornano decine di migliaia di fondamentalisti”.

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30 luglio 2019, 16:23