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Funerali del carabiniere Rega, mons. Marcianò: basta piangere servitori dello Stato

A Somma Vesuviana le esequie del vicebrigadiere assassinato giovedì notte a Roma. Il cappellano dei carabinieri del Lazio ricorda: "I colleghi lo chiamavano 'Risorsa' perchè aveva mille risorse. Sempre a servizio e a disposizione della gente, anche di chi era arrestato. Si preoccupava di offrirgli una sigaretta o un panino perchè avesse la cena"

Emanuela Campanile - Città del Vaticano

Nella chiesa di Santa Croce di Somma Vesuviana è stato dato oggi l’ultimo saluto a Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere ucciso con 8 fendenti giovedì scorso a Roma. Nell'omelia, l'ordinario militare per l'Italia, mons. Santo Marcianò, ha sottolineato che "quanto accaduto è ingiusto": "L’essere qui, professare la nostra fede in Cristo Risorto, non ci esime, anzi ci obbliga, alla denuncia di ciò che è ingiusto. Ci spinge, oggi, a levare un grido che si unisce alla tante e diverse voci che in questi giorni hanno formato un unico coro, testimoniando la straordinarietà dell’uomo e del carabiniere Mario, ma anche chiedendo che venga fatta giustizia e che eventi come questo non accadano più".  "Basta piangere servitori dello Stato, giovani figli di una Nazione - aggiunge - che sembra aver smarrito quei valori per i quali essi arrivano a immolare la vita". Durante la Messa è stato letto lo stesso passo del Vangelo scelto per il matrimonio del carabiniere, avvenuto nella stessa chiesa un mese e mezzo fa. Maria Rosaria, vedova di Mario Cerciello Rega, ha letto un testo ricordando cosa significhi "essere moglie di un carabiniere". Sabato scorso, intanto, il gip ha confermato il fermo dei due americani, Elder Finnegan Lee e Christian Gabriel Natale Hjorth, accusati di aver ucciso il carabiniere, su di loro pesa l'accusa di omicidio e tentata estorsione. Nella loro camera d'albergo è stata trovata l'arma del delitto: il coltello era stato nascosto dietro a un pannello del soffitto. Intanto i carabinieri stanno indagando anche sulle foto dei fermati circolate ieri e che mostrano uno dei due giovani, in caserma, seduto e con una benda sugli occhi.

Dinamica di una follia

Nella notte romana tra il 25 e il 26 luglio, i due turisti americani sono in cerca di cocaina. Spendono 100 euro per una dose ma si ritrovano con della semplice aspirina tritata. Tornano in Piazza Mastai, zona centrale della capitale, per riavere i loro soldi dallo spacciatore. Da qui, la follia. Rubano il borsello del presunto pusher e fuggono minacciando di non restituirlo se non previa consegna di una somma pari a 100 euro. Richiesta fatta nel corso di una telefonata. Non è chiaro se il derubato che si è rivolto al 112 sia lo spacciatore o un intermediario, così come non è chiaro perché gli americani abbiano risposto ad una chiamata sul cellulare rubato, e come mai non siano intervenute delle pattuglie in appoggio ai due carabinieri che hanno operato in borghese. Per gli investigatori c'è anche un'altra domanda a cui rispondere: perché i due militari non sono riusciti ad utilizzare l’arma di servizio per difendersi dall'aggressione in cui è rimasto vittima Cerciello Rega. Questa è la fase iniziale dell'indagine su una vicenda che ha spezzato il presente e il futuro di un uomo che amava il suo lavoro e la sua giovane moglie. Questa è una storia, come tutte le brutte storie, che sembra trascinar via "la vittima" con tutto il suo mondo di bene.

Una vita radicata sulla roccia

Mario Cerciello Rega è morto la notte del 26 luglio in ospedale, al Santo Spirito. All'istituto di medicina legale del Verano è stata eseguita l'autopsia. Disperati i suoi amici e colleghi che non se ne fanno una ragione "perchè - continuano a ripetere - era speciale". Amava la sua terra d'origine, amava la sua sposa, amava l'Arma. Era volontario per la delegazione romana dell’Ordine di Malta: distribuiva i pasti ai senza fissa dimora e faceva il barelliere durante i pellegrinaggi ad Assisi, Loreto e Lourdes. Alcuni amici lo ricordano felice alla guida del trattore tra i noceti del padre. Una vita radicata "sulla roccia", dice il Salmo, perchè questo era quanto gli avevano regalato la fede e le sue origini a cui, sempre, sapeva ritornare.

L'Arma piange uno dei suoi figli

"Oggi l’Arma vive un momento di dolore - dice a Radio Vaticana Italia, don Donato Palminteri, Cappellano Militare della Legione Carabinieri Lazio -per questo bravo ragazzo, questo vicebrigadiere che si era sposato neanche 40 giorni fa. Si era sposato il 13 giugno, il giorno di Sant’Antonio e aveva scelto quella data in omaggio al suo caro papà. Ci teneva che suo figlio diventasse carabiniere e morì proprio quando Mario è entrato nell’Arma dei Carabinieri. E lui era orgoglioso di essere carabiniere e lo è stato sempre".

La voce del cappellano, a questo punto, diventa più vibrante e forte, come il ricordo che Mario ha lasciato nei cuori dei suoi colleghi: "Il ricordo che si ha in caserma…lo chiamavano 'Risorsa', perché questo ragazzo aveva mille risorse. Risorse nei confronti dell’Arma. Sempre a servizio e a disposizione della gente, una risorsa per i colleghi. Addirittura, qualcuno mi diceva dell’attenzione di Mario nei confronti della persona, anche dell’arrestato… si preoccupava di offrirgli la sigaretta, di offrirgli un panino, di procurargli la cena. Verso tutti…e quindi, oggi, è l’Arma che soffre e perde uno dei suoi bravi figli che si impegnano al servizio della gente e per il bene dell’uomo.

Ascolta l'intervista al cappellano dei Carabinieri di Roma

(Ultimo aggiornameto 29/07/2019 14.11)

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27 luglio 2019, 15:16