Yemen, stop armi dall’Italia. Pax Christi: “Decisioni diventino scelte concrete”
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Dopo il Regno Unito, anche l’Italia. L’iter in Consiglio dei ministri, come annunciato ieri dal vicepremier Luigi Di Maio, è concluso e così, a distanza di due settimane dall’approvazione della mozione parlamentare per lo stop all’export di bombe e missili verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, il Governo scrive la parola fine all’esportazione di armi verso zone di conflitto, quali appunto lo Yemen.
L’annuncio di Di Maio
"Avete visto in questi anni foto di bombe che dalla Sardegna stavano partendo per essere esportate" verso l'Arabia per il conflitto in Yemen. "Ci abbiamo lavorato per un anno e oggi (ieri, ndr) in Cdm si è concluso l'iter che d'ora in poi dirà all'autorità nazionale che si occupa dell'export di armamenti di bloccare qualsiasi contratto in essere o nuovo contratto che vede importazioni di armi" che possano andare verso aree di conflitto come in Yemen. Queste le parole pronunciate dal vicepresidente del Consiglio, Di Maio, in un video pubblicato sul Facebook. Il leader del Movimento 5 Stelle, rivendicando la decisione del Governo Conte, sottolinea come “un simile intervento equivalga anche a frenare le cause che sono dietro l’immigrazione”. Poi l’auspicio che “l’Unione Europea blocchi l’esportazione di armi in zone di guerra”.
I dubbi sulla mozione
Una mozione quella dello scorso 26 giugno che non aveva ricevuto il voto favorevole di oltre il 40% del Parlamento italiano, comprese quelle forze che da lungo tempo chiedono la fine della esportazione di armi verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Il motivo? “Una mozione che lascia stupefatti, che sospende solo la vendita di bombe d’aereo e missili, ma non di tutte le armi”, aveva argomentato il Pd. “Con questa mozione contribuiamo ad arginare il conflitto in Yemen, che ha generato una delle crisi umanitarie più gravi di tutti i tempi”, la replica della maggioranza.
Gli appelli di Papa Francesco
In più di una occasione il Papa ha ribadito come la fabbricazione e la vendita di armi meriti la più ferma condanna. “Sulla coscienza di un popolo che fabbrica le armi e le vende c’è la morte di ogni bambino, di ogni persona, c’è la distruzione delle famiglie”: diceva Francesco lo scorso 6 aprile, ricevendo in udienza il Collegio San Carlo. Sempre nel mese di aprile, ma del 2018, va ricordato questo tweet del Papa: “Vogliamo veramente la pace? Allora bandiamo le armi per non dover vivere nella paura della guerra”. Tra i tanti appelli del Santo Padre per la crisi umanitaria nello Yemen, ricordiamo quello del febbraio 2019, dopo l’Angelus domenicale. "La popolazione – diceva Francesco - è stremata dal lungo conflitto e molti bambini soffrono la fame: il loro grido e quello dei loro genitori sale al cospetto di Dio". Il Papa chiamava in causa "le parti interessate e la comunità internazionale per il bene della popolazione". E concludeva: "Pregate per lo Yemen".
“Ora dalle parole ai fatti. E diciamo grazie a Papa Francesco”
“Dinanzi a simili decisioni, si deve sperare che si passi dalle parole, dalla carta ai fatti concreti”. Così don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia, commenta l’annuncio del ministro Di Maio. Poi sui numerosi appelli del Papa, don Sacco è chiaro: “Dobbiamo ringraziarlo per il suo parlare concreto, ma non possiamo pretendere che faccia tutto lui! Il Papa dà l’indicazione, sta a noi metterla in pratica”. Infine, sull’importanza della storia, racconta un aneddoto: “Mio nonno quando c’era un problema tendeva a dargli il giusto peso, dicendo che non era mica la guerra! Oggi le nuove generazioni in Italia rischiano di perdere questa percezione, di non conoscere gli errori che la storia insegna”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui