Colombia, Farc annunciano nuova lotta armata. Vescovi: insistere con la pace
Giada Aquilino - Città del Vaticano
La pace “è possibile”, ma “è un impegno di tutti”. Così la Conferenza episcopale della Colombia (Cec) a poche ore dalla decisione dei guerriglieri delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie del Paese latinoamericano, di aprire una nuova “tappa” della “lotta armata”.
L’annuncio dei leader guerriglieri
Ieri infatti uno dei leader del gruppo, Iván Márquez, già capo negoziatore nell'accordo di pace raggiunto nel 2016 a L'Avana con il governo colombiano, ha annunciato la presa di posizione delle Farc di fronte - ha detto in un video in cui è affiancato da altri due capi guerriglieri - al “tradimento” delle intese da parte delle autorità di Bogotá, parlando di oltre 500 leader sociali e 150 guerriglieri uccisi negli ultimi due anni. Evocato inoltre un “modello operativo” diverso da quello utilizzato precedentemente: “risponderemo solo - ha detto - alle offensive, non continueremo ad ucciderci fra fratelli di classe”, aggiungendo che il gruppo coordinerà gli sforzi con l’Esercito di liberazione nazionale (Eln), il cui dialogo di pace è ad una impasse.
I vescovi: lavorare insieme per la pace
I vescovi colombiani, in un comunicato firmato dal loro presidente, l’arcivescovo Oscar Urbina Ortega, dal vicepresidente, l’arcivescovo Ricardo Antonio Tobón Restrepo, e dal segretario generale, monsignor Elkin Fernando Álvarez Botero, ricordano come “nulla” giustifichi il ricorso alla “guerra per scopi ideologici”. Esortano quindi a una “riflessione calma e ponderata”, senza perdere di vista il “bene di tutti”, sui passi fin qui compiuti, su ciò che va cambiato, su quanto è necessario “per raggiungere la riconciliazione e la pace”. I presuli ricordano anche il viaggio del Papa in Colombia, nel settembre 2017, e il suo invito alla gente a non farsi “rubare la speranza”: oggi - sottolineano- si impone “con maggior forza” l’esigenza di “lavorare insieme per la pace” con l’obiettivo del bene comune, dello sviluppo integrale e dell’equità sociale. Incoraggiando tutti coloro che, attraverso il dialogo e i negoziati, hanno deciso di “tornare alla vita civile e democratica” e di rimanere “fermi” in tale cammino, la Chiesa locale dà appuntamento alla 32.ma Settimana della pace, che si svolgerà in Colombia dal 2 al 9 settembre prossimi, con l’obiettivo di trasformare il Paese in una “terra di pace”.
La reazione di Bogotá
Il presidente colombiano Iván Duque ha intanto chiesto l’arresto dei leader delle Farc che hanno annunciato la ripresa della lotta armata, stabilendo una taglia da 1 milione di dollari e accusando il presidente venezuelano Nicolas Maduro di proteggere i ribelli e dare loro riparo. Prese di distanza dalla linea di Iván Márquez si sono poi registrate da parte di altre fazioni delle Farc.
Più di 50 anni di guerra
Il cessate il fuoco tra i guerriglieri delle Farc e il governo colombiano siglato tre anni fa a Cuba ha posto fine ad oltre 50 anni di guerra, con un bilancio di almeno 260 mila morti, più di 60 mila dispersi e oltre 7 milioni di sfollati e profughi. Il disarmo dei combattenti è stato annunciato nel giugno 2017 dall’allora presidente colombiano e Premio Nobel per la Pace, Juan Manuel Santos, a cui ha fatto seguito la smobilitazione e la trasformazione del movimento armato in partito politico, con la medesima sigla.
La testimonianza
La pace va seminata “ogni giorno” in tutti gli ambienti di vita, ricorda monsignor Elkin Fernando Álvarez Botero, segretario generale della Cec.
R. - Questo annuncio ci preoccupa perché è comunque un ostacolo nella ricerca della pace, è una nuova forza violenta per il Paese che ci dice che dobbiamo lavorare di più per costruire la riconciliazione e la pace.
Le Farc parlano di una nuova tappa della lotta armata: c’è paura che si possano rivivere quegli oltre 50 anni di guerra che hanno insanguinato la Colombia?
R. - Il presidente della Repubblica, Iván Duque, ha detto ieri sera che non dobbiamo aver paura del riaccendersi della violenza armata, come è successo in questi 50 anni. Ma di fronte al nuovo rigurgito di violenza - perché hanno annunciato di voler riprendere la lotta armata - ribadiamo che bisogna lavorare ancora di più alla costruzione della pace.
Che pericoli ci sono per l’accordo con le Farc in un momento in cui le trattative con l’altro movimento guerrigliero, l’Eln, sono bloccate?
R. - Pensiamo che i frutti dell’accordo si vedano nella società colombiana. È necessario che l’intesa sia implementata ma noi vescovi pensiamo che la pace non sia solo un accordo: si tratta di seminare ogni giorno pace nelle famiglie, in tutti i luoghi, cercare lo sviluppo integrale della comunità e togliere l’iniquità. Dunque dobbiamo lavorare in ogni direzione.
Quindi l’accordo di pace con le Farc non è superato?
R. - Ieri anche l’altro capo delle Farc, Rodrigo Londono - Timochenko, ha parlato al Paese, ha chiesto scusa e ha manifestato dolore per quanto annunciato da queste persone. Ma il partito delle Farc, nato dopo gli accordi, continua per la via politica e democratica.
Si tratta dunque di una parte delle Farc che ha preso questa decisione?
R. - E’ una parte piccola, persone che hanno preso questa strada di essere separati dal resto.
Qual è la raccomandazione dei vescovi?
R. - Abbiamo preparato il nostro messaggio per chiedere speranza e dire che la pace è possibile, che dobbiamo lavorare insieme. Questo è il momento di unirci ancora di più per costruire la riconciliazione e la pace. E’ pure il momento di conservare la calma e analizzare tutto con serenità.
Nel comunicato si richiamano gli insegnamenti di due Papi…
R. - Sì, abbiamo richiamato quanto affermato da San Paolo VI: la pace è possibile e dobbiamo lavorare per essa. E poi abbiamo ricordato le parole di Papa Francesco durante il viaggio apostolico di due anni fa in Colombia, quando ci ha detto che non dobbiamo stancarci di ricercare la pace per tutti i colombiani.
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