Lavori in corso in vista dell'evento "The Economy of Francesco"
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Sono già 2mila gli iscritti al sito ufficiale dell'evento “The Economy of Francesco" in programma ad Assisi dal 26 al 28 marzo 2020. Cinquecento le richieste di partecipazione da oltre 45 Paesi, tra cui Giappone, Angola, Brasile, Stati Uniti, Arabia Saudita, Portogallo e Cuba. A fornire questi primi dati è un comunicato da Assisi in cui si annuncia, tra l’altro, che l’incontro voluto da Papa Francesco, è presente anche sulle piattaforme web e sui social network: Facebook, Instagram, Twitter, YouTube e Flick, per rimanere sempre aggiornati sulla tre giorni dedicata ai giovani economisti, imprenditori e studenti under 35.
Un evento in preparazione
In preparazione all’incontro internazionale di Assisi si terranno, in Italia e nel mondo, workshop, laboratori, seminari di studio e conferenze, si legge ancora nel comunicato, promossi da università, aziende, reti imprenditoriali, organizzazioni, movimenti, associazioni per far emergere il pensiero e l’agire economico dei giovani in preparazione al 2020. Sul sito ufficiale www.francescoeconomy.org è possibile accreditare le proprie iniziative, "Towards the economy of francesco", compilando il form dedicato.
Luigino Bruni: ad Assisi, protagonisti i giovani
Hanno già confermato la loro presenza a "The Economy of Francesco" i premi Nobel Muhammad Yunus e Amarthya Sen. E ancora, tra gli altri, Bruno Frey, Tony Meloto, Carlo Petrini, Kate Raworth, Jeffrey Sachs, Vandana Shiva e Stefano Zamagni. Tuttavia l’appuntamento di Assisi darà soprattutto spazio alla voce dei giovani con l’obiettivo di dare impulso ad una economia mondiale diversa, più giusta, sostenibile e con un nuovo protagonismo di chi oggi è invece ai margini. Lo spiega bene, ai microfoni di Vatican News, l’economista Luigino Bruni che, su indicazione del Papa, è il direttore scientifico dell’evento e che lo scorso 21 agosto ha presentato l’appuntamento al Meeting di Rimini in un dialogo con alcuni giovani:
R.- L’economia di Francesco è un insieme di elementi: è l’economia di Francesco d’Assisi, non a caso si va ad Assisi. Non ci dimentichiamo che tutto questo è nato perché il Papa ha scritto una lettera di convocazione ai giovani: “Vi aspetto ad Assisi per fare un patto con voi per un’economia nuova”, ha scritto. Quindi è l’economia dello spirito di Francesco d’Assisi; è poi l’economia di Papa Francesco con quello che ha detto in questi anni sul tema tramite la Laudato si’, Evangelii gaudium, quindi tutta l’attenzione di questo pontificato del Santo Padre verso l’ambiente, la pace, la creazione. Poi è l’economia che nascerà, perché l’economia di Francesco ancora non c’è; non andiamo lì per studiare qualcosa che è già definito. È un processo che comincia in questi mesi, avrà un momento importante a marzo ad Assisi e poi andrà avanti. Quello di Assisi sarà un momento dedicato al pensiero economico dei giovani; non sarà il solito convegno dove i professori parlano e i giovani prendono appunti, ma dove i giovani parlano e dicono la loro opinione sul mondo, sull’economia, sulla povertà, sull’ambiente, perché hanno cose da dire e noi dobbiamo solo ascoltarli.
Un piccolo assaggio è stato offerto da quell’incontro che lei ha tenuto nei giorni scorsi al Meeting di Rimini, durante il quale si è confrontato con alcuni giovani imprenditori …
R. - Sì, imprenditori ed economisti, perché c’erano dottorandi in economia. Lì i giovani hanno raccontato le loro esperienze, fatto considerazioni, hanno detto la loro opinione. Noi in genere vogliamo bene ai giovani, però non li ascoltiamo abbastanza. In certi momenti i giovani devono parlare. A Rimini è stato bello perché hanno parlato, hanno detto la loro in un rapporto di reciprocità. Loro hanno energie, gratuità, voglia di futuro. Tutti questi sono patrimoni enormi. Noi magari abbiamo altre cose e nella reciprocità ci si incontra.
Lei ha citato prima, la povertà. Quando si pensa a San Francesco d’Assisi, ma anche a Papa Francesco, viene subito in mente la preferenza per i poveri. Come si inserisce quest’attenzione nel quadro della nuova economia che si vuol far nascere?
R. - Innanzi tutto parlandone, mettendo al centro la povertà. I poveri sono scartati dalla storia e anche dalla narrazione della storia. Quindi, già parlare di povertà, far vedere che esistono i poveri, che non sono dimenticati, è importante. Si va ad Assisi anche per questo: per ricordare che la povertà è un grande tema dell’economia di oggi che non sta risolvendo la povertà, ma sta aumentando le diseguaglianze.
L’economia capitalistica produce lo scarto, i poveri addirittura vengono colpevolizzati. Un diverso sistema economico in che modo potrebbe rispondere alle istanze di chi sta ai margini?
R. - Innanzi tutto se guardiamo l’economia dei francescani troviamo delle cose interessanti in questi otto secoli: dai francescani nascono le prime idee economiche moderne, le prime banche nel Quattrocento - i Monti di Pietà -; già questo è un messaggio importante: non si fa un’economia nuova senza banche, ma con banche diverse, con banche che includono i poveri, con le quali si combatte l’usura... Poi abbiamo l’altro Francesco, Papa Bergoglio, che ha detto delle cose importanti ad esempio riguardo al tema dell’ambiente. Oggi non possiamo più considerare l’etica ambientale come un vincolo da rispettare, un costo da sostenere; l’etica ambientale deve diventare direttamente economia. Quindi il tema dell’ambiente, il tema della pace e poi c’è il tema dei poveri: la povertà non è una maledizione. Attorno a questo oggi c’è un grande tema. Oggi, come lei ha detto, sta tornando molto forte l’idea arcaica che il povero è colpevole ed è maledetto. Quindi noi diremo che invece il povero non è maledetto, è solo sfortunato, ma anche che esiste una dimensione della povertà come condivisione della vita, come provvidenza, come affidamento agli altri, come gratuità. Questa povertà non è una cosa brutta. Quindi c’è una povertà come sobrietà, come liberazione dalle merci per scegliere i beni, che è qualcosa di molto importante in un tempo come il nostro, nel quale dobbiamo rivedere completamente l’idea di sviluppo che non può più essere legata all’accumulo di cose, di merci, di “roba”, ma deve essere legata all’accumulo di rapporti, di gratuità, di reciprocità.
Recentemente imprenditori americani hanno dichiarato che non può essere solo il profitto l’obiettivo delle aziende. Che ruolo ha il profitto nel tipo di economia che si vuole delineare per il futuro?
R. - Il profitto è un indicatore; è ovvio che un’impresa che non fa profitti chiude, perché fa perdite. Il problema è la massimizzazione del profitto come dogma, cioè dove l’impresa fa di tutto pur di massimizzare i profitti o ancor peggio le rendite, cioè gente che non lavora e vive di quello che ha fatto ieri, investendo le energie per proteggere i diritti acquisiti invece di innovare. Quindi il profitto non va demonizzato; va relativizzato il profitto come unico valore, come massimizzazione di tutto. Quindi questi 181 manager di queste grandi multinazionali in realtà hanno detto ciò che già si sapeva, non nasce oggi questo tema. La cosa interessante è il fatto che l’abbiano voluta scrivere in un documento, che lo abbiano reso pubblico, perché stanno capendo che il mondo sta cambiando e devono cambiare anche loro. Sanno che sempre più i cittadini, i consumatori, ti puniranno se non fai altre cose oltre ai profitti. Le imprese intuiscono questo cambiamento di preferenze di consumatori e si comportano di conseguenza, non è che questi manager sono degli altruisti, sono persone che conoscono i mercati e stanno capendo che il vento è cambiato. Dobbiamo guardare sempre con simpatia quando qualche manager fa dichiarazioni umanistiche perché se le fa, queste ci dicono delle tendenze che vanno prese molto sul serio.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui