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Ponte Morandi, card. Bagnasco: dopo l’apocalisse guardiamo al futuro

Nella Messa per il primo anniversario della tragedia del Ponte Morandi, il cardinale Angelo Bagnasco ricorda “quell’apocalisse”, il buio della tragedia ma anche la luce di chi ha sfidato “l’oscurità di momenti funesti”

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
È passato esattamente un anno dal crollo del Ponte Morandi. È il 14 agosto del 2018: un terribile boato alle 11.36 scuote il cuore di Genova, sferzata da un violento temporale. Il ponte che attraversa il torrente Polcevera cede all'improvviso. Muoiono 43 persone. Ad un anno di distanza, l’Italia ricorda le vittime con una giornata di commemorazione.

Ascolta il servizio sull'omelia del card. Bagnasco

Alla Messa di suffragio, presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco nei pressi del luogo in cui sorgeva il ponte, hanno partecipato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e autorità politiche, civili e militari. Prima della celebrazione, sono stati letti i nomi di quanti hanno perso la vita. “Genova - ha affermato il porporato nell’omelia - è qui, e con noi prega per le vittime, angeli della città”.

Con gli occhi della fede li vediamo affacciarsi dalla finestra del cielo mentre pregano per i loro cari, per tutti noi: Genova non li dimenticherà mai. Abbiamo incisi nel cuore quei giorni, quell'apocalisse che ci ha lasciati senza respiro, che ci ha fatti sentire svuotati, come se tutto - d’improvviso - fosse precipitato nel buio.

Una luce nel buio

Rievocando quell’oscurità improvvisa, scandita da drammatici istanti, il cardinale Bagnasco ha ricordato anche le parole di Papa Francesco, che in occasione del primo anniversario del crollo del ponte ha scritto una lettera ai genovesi, manifestando “affetto e vicinanza”. Genova, ha affermato il porporato, “rinnova il suo abbraccio ai familiari delle vittime”: “umilmente e, con grande rispetto, vogliamo stringerci a loro perché non si sentano troppo soli”. Oltre al buio in cui improvvisamente è precipitata, il cardinale Bagnasco ha ricordato che nell’anima è stampata anche una luce:

Una luce che ha sfidato l’oscurità di quei momenti funesti. Una luce che man mano si è ingrandita, che si è fatta largo tra le macerie alla ricerca di vita: è la luce dei soccorritori sbucati da ogni dove, come se fossero miracolosamente pronti ad essere presenti e operativi.

Genova è protesa al futuro

Questa luce, ha spiegato il cardinale Bagnasco, “non è stato solo dovere”. É stato anche amore: “Era la luce dell’amore che da quelle macerie è scaturita insieme all’immenso dolore. E quell’amore si rivestiva di perizia, di speranza, di ostinato coraggio, di sacrificio, che è l’altro nome dell’amore”. Forze dell’ordine, vigili del fuoco, istituzioni pubbliche e diverse organizzazioni, ha detto il porporato, hanno espresso “l’anima di Genova, la sua forza di non piegarsi, di non arrendersi, la coriacea volontà di rinascere”. Le persone sfollate, gli abitanti della zona e molti lavoratori hanno affrontati grandi disagi. Nonostante le pesanti difficoltà provocate dal crollo del ponte, Genova non ha smesso di volgere lo sguardo verso il futuro: “Su tutto ha aleggiato la speranza, il credere in un futuro non lontano, e che oggi cominciamo a vedere”:

La demolizione del rimanente troncone del ponte è stato come il definitivo distacco da un pezzo di storia, ma la città è protesa al futuro, un futuro che, con onestà e determinazione, dobbiamo guardare insieme.

Restare uniti

“Lo stare insieme, lo sperare e lavorare insieme, insieme camminare e guardare al bene non individuale ma comune, non è solo una regola d’oro per la città e un modo per onorare i defunti”. È anche la garanzia, ha concluso il cardinale Bagnasco, di una presenza più grande, di un Amore che ci abbraccia, e tutti conforta e rafforza: è la presenza e l’amore di Dio”.

Se restiamo uniti e ci lasciamo umilmente abbracciare da Dio, allora saremo capaci di abbracciarci gli uni gli altri, e le nostre capacità – come i pochi pani e pesci della parabola evangelica – si moltiplicheranno e faranno miracoli.

Un anno dopo, il Ponte Morandi non esiste più. Ciò che restava del viadotto autostradale Polcevera è stato completamente abbattuto. Don Gianandrea Grosso, parroco della chiesa di San Bartolomeo della Certosa, il quartiere dove sorgeva il Ponte Morandi, ricorda ad Andrea De Angelis di Radio Vaticana Italia i molteplici disagi che hanno dovuto affrontare gli abitanti di questa zona. Al dramma delle 43 vittime si sono aggiunte grandi difficoltà per centinaia di sfollati:

Ascolta l'intervista a don Grosso

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14 agosto 2019, Messa di suffragio per le vittime
14 agosto 2019, 09:46