Lutto nello sport: è morto Felice Gimondi
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Il ciclismo di Felice Gimondi non era più quello dei tempi eroici, quello di Girardengo, Binda, Coppi e Bartali, per intenderci, dove polvere, fango, caldo e freddo facevano da padroni, ma era pur sempre lo sport del sudore, della fatica e del sacrificio. In quegli anni ’60 e ’70 dominati dal belga Eddy Merckx, definito il “cannibale”, proprio perché nel rispetto dei valori della competizione sportiva puntava a vincere tutto e Gimondi faceva di tutto per batterlo lealmente.
Felice sapeva quanto questo fosse difficile, per questo faceva della preparazione atletica e della tattica i fedeli compagni nella sua avventura sulle due ruote. E nel 1973 riuscì a spuntarla sull’avversario di sempre per l’alloro più prestigioso, quello dei Campionati Mondiali, che in quell’anno si disputarono sul circuito del Montjuic, a Barcellona. La rievocazione di quell’emozionante finale nelle parole dello stesso Gimondi, intervistato da Adriano De Zan, storico giornalista sportivo della Rai.
R. – Mi ricordo di quella fuga particolare, nata da lontano, con due italiani, Battaglin. Poi, staccatosi Battaglin, siamo rimasti in quattro. Io posso dire che di fronte a questa responsabilità diedi il mio contributo per cercare in tutti i modi, comunque, di salvare l’onore, di arrivare con Merckx.
Quindi tu non pensavi assolutamente di poter vincere con due velocisti della forza di Merckx e di Martens?
R. – Siamo arrivati sul rettilineo finale, anzi un po’ prima, Merckx addirittura fece il buco davanti a noi per vedere se io passavo. Io ho tenuto duro in quel momento lì, ma poi mi sono riportato sotto; quando siamo arrivati in vista dell’arrivo, ormai, lui fece partire Martens, che automaticamente tirò la volata anche a me. Eddy in 200 metri si impiantò un pochino e io ebbi via libera – non facile, perché c’è stata anche una bella gomitata tra me e Martens: però sono passato!
Il cordoglio di Mattarella
Tra i tanti che hanno espresso cordoglio e commozione anche lui, Eddy Merckx, che attonito ha commentato: “Questa volta ho perso io”, per sottolineare il doloroso stupore per la perdita di Felice che, conclusa ormai la stagione agonistica, era diventato suo amico. Ad esprimere il suo cordoglio in primis il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, che in un messaggio ne ricorda i tanti successi e il suo stile di grande valore nel comportamento sportivo e umano. E Felice Gimondi iniziò ad inanellare successi nel 1965 quando a sorpresa, dopo essersi aggiudicato da dilettante il Tour de l’Avenir, vinse il Tour de France, la più prestigiosa corsa a tappe. Nel 1967 il suo primo Giro d’Italia. Bis nel 1969, in quel Giro in cui Merckx venne squalificato a Savona. La vittoria al Giro torna nel 1976, a carriera quasi conclusa. A questi allori bisogna aggiungere la Vuelta spagnola, nel 1968, e le tante affermazioni nelle Classiche e nei giri a tappe minori. Insomma un curriculum degno di un grande campione.
Davide Cassani ricorda Felice Gimondi
Tra i tanti che oggi piangono Felice Gimondi c’è Davide Cassani, ciclista negli anni ’80 e ’90, poi commentatore sportivo e dal 2014 Commissario Tecnico della Nazionale italiana di Ciclismo. Davide deve la sua carriera in bicicletta proprio a colui che da bambino era il suo idolo: Felice Gimondi.
R. – E’ stato uno dei più grandi campioni che il ciclismo italiano abbia avuto. Tra l’altro, io ho tifato per un solo campione e quel campione era Felice Gimondi, perché da piccolo mio padre, tifando per lui, mi ha trasmesso questa passione. Quindi può bene immaginare come mi possa sentire oggi nell’aver perso il mio idolo dell’infanzia …
Sono passati alla storia i suoi confronti con Eddy Merckx: si dice che, se non ci fosse stato Merckx, forse Gimondi sarebbe stato ancora più grande. Però, questo non toglie nulla al campione e all’umanità della persona …
R. – No, perché Felice vinceva prima che arrivasse Eddy Merckx e ha continuato a vincere anche quando Eddy Merckx era sul viale del tramonto. Ha avuto una carriera lunga e fantastica, uno dei pochi in grado di vincere corse a tappe come il Giro d’Italia, il Tour, la Vuelta, ma anche classiche come Sanremo, come la Parigi-Roubaix, come il mondiale o come il Giro di Lombardia. Ed è stata molto bella questa sfida con Eddy, che era più forte di Felice, ma Felice non si è mai dato per vinto, ha sempre lottato: in alcune occasioni è riuscito a batterlo e quindi ha dimostrato la sua forza anche in questo.
Quale eredità vi lascia, Felice Gimondi?
R. – Un’eredità fatta di serietà, di un campione esemplare nell’umiltà: non l’ho mai sentito parlare dei suoi successi; ho sempre sentito un Felice Gimondi umano, umile che parlava e che voleva bene al ciclismo e certe cose gli davano un po’ fastidio. Lascia un’eredità importante, perché è stato il faro del ciclismo italiano per tanti anni …
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