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Migranti a Metaponto di Bernalda, Matera, dove è scoppiato l'incendio Migranti a Metaponto di Bernalda, Matera, dove è scoppiato l'incendio

Tragedia in Basilicata, in un incendio muore una giovane bracciante

Una migrante è morta nell’incendio di un capannone di un ex complesso industriale in provincia di Matera, che ospita stabilmente persone che lavorano come braccianti nei campi della zona, una struttura in cui uomini e donne vivono da tempo in condizioni precarie

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Aveva 28 anni e la sua vita è finita in un capannone dell’ex complesso industriale “La Felandina”, a Metaponto di Bernalda. La giovane nigeriana, lavoratrice nei campi come molti altri immigrati, è rimasta uccisa molto probabilmente nell’esplosione di una bombola carica di gas, che ha dato origine ad un devastante incendio, spento dopo quattro ore dai vigili del fuoco, che ha completamente distrutto il capannone

Una tragedia inaccettabile

Quanto accaduto è una tragedia inaccettabile, è opinione di molti, sindacati in testa, perché non si può attendere la perdita di una vita umana per aprire il capitolo sicurezza dei braccianti stranieri sul territorio lucano. A denunciare i pochi mezzi e i tanti problemi con i quali gli amministratori locali devono fare i conti è il sindaco di Bernalda, Domenico Tataranno, che parla di 500 persone all’interno del complesso de "La Felandina" che appartiene al Demanio.

Per molti migranti Metaponto è la base di partenza

E’ il Demanio – denuncia don Pasquale Giordano, parroco a Bernalda e responsabile Caritas interparrocchiale, intervistato da Radio Vaticana Italia – “che avrebbe potuto rendere più umana, magari impiantando una pompa d’acqua, la vivibilità di quella zona”. “Gli abitanti – racconta don Pasquale – sono migranti, braccianti agricoli, che si muovono tra la Basilicata, la Puglia, la Campania e la Calabria, perché Metaponto è un crocevia, da lì è facilmente raggiungibile il posto di lavoro”.

Ascolta l'intervista a don Pasquale Giordano

Nuove norme fanno paura, la sua era una morta annunciata

Questi giovani, spesso sfruttati e sottoposti al caporalato, “hanno il permesso di soggiorno, probabilmente in scadenza o già scaduto, ma non rinnovabile in base anche alle recenti norme”. La comunità ecclesiale, che cerca di aiutare queste persone anche con il supporto di Medici senza frontiere e altre realtà, “si è attivata per sensibilizzare le istituzioni ma, prosegue don Pasquale, “abbiamo trovato indisponibilità dovuta al fatto che le norme attualmente vigenti puntano molto sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” e quindi, è la conclusione del sacerdote, “ogni azione che si sarebbe potuta compiere per rendere più vivibile quell’area è stata bloccata per la paura di incorrere nella violazione della legge”. Quella della giovane nigeriana, è l’amara conclusione di don Pasquale, “era una morte annunciata”.

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07 agosto 2019, 15:09