Afghanistan al voto sotto la minaccia dei talebani
Federico Francesconi – Città del Vaticano
Le elezioni di domani in Afghanistan rischiano di trasformarsi in un voto a rischio, più di quanto non lo furono già le precedenti elezioni del 2014. Questa volta i talebani non stanno infatti perseguendo obiettivi specificamente politici, ma rivolgono le armi direttamente contro i civili. Per gli integralisti l’obiettivo è ridurre l’affluenza elettorale al minimo e per questo hanno inquadrato nel loro mirino tutti coloro che andranno a votare.
La battuta d’arresto subita dai negoziati tra gli Usa e i talebani a tre settimane dal giorno del voto, non ha migliorato la situazione, infatti un accordo di pace avrebbe potuto significare la formazione di un governo ad interim, generando una certa confusione e spingendo alcuni candidati minori a sospendere le attività di campagna elettorale.
Una panoramica delle elezioni
Il candidato in testa per le presidenziali afghane rimane, a un giorno dal voto, il Presidente uscente Ashraf Ghani, nonostante le indagini per abuso di potere a suo carico. Il suo principale avversario è ora il Chief executive (una sorta di premier) Abdullah Abdullah, che ha condiviso con lui il potere negli ultimi cinque anni nel contesto del cosiddetto governo di unità nazionale istituito sotto la guida delle forze statunitensi, dopo le pesanti accuse di brogli che flagellarono proprio questi due candidati durante le precedenti elezioni presidenziali del 2014.
Secondo la commissione elettorale indipendente afghana, gli abili al voto sono 9,6 milioni, tuttavia la paura degli attentati rischia di abbassare ai minimi storici la presenza alle urne e non è facile in questo momento prevedere un risultato netto. Per vincere le elezioni i candidati devono ottenere il 51% dei voti totali; se nessuno raggiungesse il quorum si terrebbe un ballottaggio – molto probabile in questo caso - tra i due candidati favoriti. I seggi apriranno domani alle sette del mattino e i risultati preliminari dovrebbero arrivare il 17 ottobre.
La questione dei negoziati
Uno dei fattori che hanno destabilizzato maggiormente le elezioni in Afghanistan è stata la decisione del Presidente americano Donald Trump di interrompere i negoziati di pace con le forze talebane; in caso di un accordo infatti, le elezioni avrebbero probabilmente subito un rinvio e sarebbe stato formato un nuovo governo ad interim fino alla conclusione di un secondo negoziato interno al Paese. L’interruzione repentina e totale del negoziato ha lasciato ai talebani, concentrati totalmente sull’accordo, solo tre settimane per indebolire i loro nemici nel Paese, nella fattispecie il Presidente uscente Ghani, il candidato favorito di queste elezioni, che in caso di vittoria diventerebbe la loro controparte interna, nel contesto della ripresa ipotetica dei negoziati.
La decisone di Trump è arrivata in seguito alla morte di un soldato americano a Kabul durante uno scontro con le forze integraliste e per il momento non ci sono segnali di una possibile distensione in tempi brevi.
Gli ultimi sviluppi della guerra in Afghanistan
“Negli ultimi mesi la guerra si è intensificata e si è fatta più violenta, poiché sia gli Stati Uniti che le forze islamiche, hanno cercato di portare avanti i negoziati da una posizione di forza. Gli ultimi dati del ministero della sanità afghano riportano che negli ultimi 12 mesi sono morti 3.300 civili. La cifra più alta che abbiamo sentito finora.” Lo spiega ai microfoni di Radio Vaticana Italia Emanuele Giordana, direttore editoriale del portale Atlanteguerre.
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