Corridoi umanitari: oltre sessanta profughi siriani a Roma in sicurezza e legalità
Michele Raviart – Città del Vaticano
Sono arrivati da Beirut, con un volo di linea atterrato all’aeroporto romano di Fiumicino, i 64 rifugiati siriani che, grazie al progetto dei “corridoi umanitari”, hanno potuto lasciare i campi profughi dove si trovavano, a volte da anni, a causa della guerra. Molti i bambini, alcuni bisognosi di cure, che in maniera legale e sicura avranno la possibilità di cominciare una nuova vita in Italia, senza correre i rischi di attraversare il Mediterraneo su imbarcazioni fatiscenti gestite dagli scafisti.
Coniugare accoglienza e legalità
Promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, insieme alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e alla Tavola Valdese, il progetto dei corridoi umanitari ha permesso l’arrivo in Europa di circa 2700 persone, non solo in Italia, ma anche in Francia, Belgio e Andorra. “I corridoi umanitari sono sostanzialmente l’unica via legale per cui i profughi possono arrivare, a parte quelli che vengono riconosciuti rifugiati già nei campi, che sono poche unità”, spiega il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. “Questo è un progetto che permette di realizzare una via legale in sicurezza sia per chi viaggia, sia per chi accoglie”, afferma, sottolineando come questo progetto non pesi sulle casse dello Stato. “I costi sono sostenuti dalle associazioni – la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche e Conferenza episcopale italiana – che li accolgono, a loro spese, nelle parrocchie, nelle strutture di comunità, nelle famiglie”, continua Impagliazzo. “Il corridoio umanitario è esattamente quello che il Papa chiede sull’accoglienza ai profughi: che vengano coniugate accoglienza e integrazione. Perché da domani i bambini che sono arrivati oggi a Fiumicino saranno iscritti nelle scuole dei paesi e delle città nei quali saranno accolti”.
Un progetto premiato dall'UNHCR
L’arrivo di oggi, poi, coincide con la consegna del premio Nansen promosso dall’Alto Commissariato delle Nazione Unite per i Rifugiati, dedicato al vincitore del Nobel per la pace del 1922 e inventore di un passaporto speciale per gli apolidi dopo la prima guerra mondiale. “Siamo molto contenti di questo Premio perché è intitolato a un uomo che da solo, fuori dalle istituzioni statali, ha inventato un sistema per salvare chi non aveva più diritti”, afferma il presidente della Comunità di Sant’Egidio, che ribadisce: “i corridoi umanitari sono questo: un metodo per salvare chi, a causa della guerra o delle crisi ambientali o della violenza diffusa nei loro Paesi, non avrebbero diritti se non quelli di vivere anni e anni in campi profughi, in campi di detenzione o in campi di passaggio. E quindi, è un sistema per dare un futuro alla loro vita, che riesce a coniugare legalità, accoglienza e integrazione”.
Resta la speranza di far rientro a casa
I profughi arrivati in Europa provengono da molte delle comunità etniche e religiose che popolano il Medio Oriente e talvolta alcuni vescovi locali hanno espresso preoccupazione per questi fenomeni di emigrazione, che rischiano di spopolare per sempre queste terre“. "Noi stiamo rispettando", spiega Impagliazzo, "le esigenze e la domanda di gente che soffre e che un domani, quando la Siria e l’Iraq saranno liberi dalla guerra, certamente avrà il desiderio di rientrare nel Paese d’origine”.
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