La drammatica esperienza del sisma dell'agosto 2016 nel libro di Marcello Filotei
Adriana Masotti - Città del Vaticano
“Il mio auspicio è che anche questo racconto possa contribuire a tenere vivo in tutti noi il legame che ci unisce, e forte l’attenzione verso coloro che ancora oggi, a Pescara del Tronto come in tutte le zone colpite dai tragici eventi dell’agosto 2016, stanno soffrendo e resistendo”. E’ Papa Francesco a scrivere queste parole nell’introduzione al libro di Marcello Filotei: "L'ultima estate. Memorie di un mondo che non c'è più".
Papa Francesco nell'introduzione: non dimentico
A sole poche settimane dal sisma, il Papa ha conosciuto di persona i luoghi e le persone di cui parla il volume. E scrive: "Sono passati tre anni. Non dimentico quello che ho visto. Non dimentico il dolore. Non dimentico il senso di comunità che univa e unisce questo piccolo popolo; e che Marcello Filotei racconta, segnato dal dolore che ha colpito la sua stessa famiglia”. Storia collettiva e storie personali sempre si intrecciano, continua Francesco, che osserva: “Fare memoria non significa coltivare la nostalgia di quel che è stato, non significa chiudersi nella tristezza e nella paura. Nella storia che continua c’è, accanto alla nostalgia, una speranza di futuro. C’è lo sguardo in avanti che si nutre di una memoria che non è mai rassegnata. A questo serve ricordare, a non perdere le proprie radici. A non lasciare che anche queste diventino macerie. A ricostruire una nuova storia senza dimenticare quella antica".
Mantenere salde le relazioni
Testimone di quanto accadde in quella tragica notte tra il 23 e il 24 agosto 2016, il vescovo di Ascoli Piceno, monsignor Giovanni D’Ercole afferma nella presentazione al libro: “Ci vorranno anni di attesa per veder rinascere i luoghi là dove vivevano gli arquatani. Ci vorrà tanta pazienza nel perseverare a inseguire la fatica della ricostruzione; sarà importante mantenere salde le relazioni, perché il tempo non spenga il faro della cultura, della socialità e della vita serena per noi e per chi verrà dopo di noi”. Anche per D’Ercole, passato e futuro sono strettamente legati, e di Marcello Filotei il vescovo sottolinea la volontà di non perdere il contatto con la storia di quei borghi. “Non intende dimenticare – scrive - perché la memoria è speranza ed esperienza insieme: è fiducia e amore insieme, entrambi necessari per trasmettere a chi viene dopo di noi il testimone della vita, come in una ideale staffetta tra generazioni”.
L'autore: soffrire insieme è soffrire un pò di meno
Marcello Filotei, l'autore del libro, giornalista, critico musicale dell'Osservatore Romano e musicologo, in una nota a chiusura del volume, spiega il suo obiettivo: “Lo scopo che mi propongo in queste pagine – scrive - è quello di fare memoria di un mondo che non c’è più, o meglio che per me non potrà più esserci. Per farlo necessariamente ho dovuto guardare le cose dal mio punto di vista, in qualche modo ‘tradendo’ tutte le altre prospettive”. In conferenza stampa, oggi, nella sede di Radio Vaticana, presenta anche un suo breve video sul post terremoto e le immagini sono eloquenti: porte e portoni di legno chiusi, ingressi di case abbandonate dove cresce l'erba, scale e vicoli deserti. E ai microfoni di Vatican News dice:
R. - La scrittura del libro per me è stata necessaria e dolorosa al tempo stesso perché io ho perso dei cari, molti cari in quel terremoto ed era l’unico modo in cui riuscivo a esprimere quello che sentivo. Al tempo stesso quello era un posto speciale per me, ma soprattutto era un posto speciale come sono speciali tutti i piccoli posti d’Italia. Faccio degli esempi: in tutti i piccoli paesini ci sono dei personaggi surreali che in quel posto diventano reali. Noi avevamo un fotografo con un occhio di vetro, penso che sia un caso unico; avevamo un barista poeta che aveva inventato un cocktail che era sempre diverso, ma aveva sempre lo stesso nome e che veniva assegnato per qualsiasi tipo di malattia… Questi personaggi ci sono in tutti i paesi: è la memoria, il substrato culturale dell’Italia e non solo, e di questi personaggi bisogna fare memoria.
Il tuo è un libro che può essere anche di sostegno ad altre persone che hanno sofferto e stanno soffrendo a causa di quel terremoto?
R. - La mia grande speranza è che chi faceva parte di quel piccolo mondo, che era veramente molto piccolo, si senta un pochino meno solo e che ci faccia sentire uniti, insieme, come nei momenti in cui riusciamo a riunirci tra noi che abbiamo subito queste cose, anche se non esiste più il posto fisico dove le abbiamo vissute. Ecco, in quei momenti, si sta un pochino meglio perché insieme si possono superare meglio le cose. E soffrire insieme è soffrire poco poco di meno. E poi questo è un libro che serve, io spero, servirà a tenere accesa l’attenzione su chi sta ancora lì e vive in case prefabbricate in una situazione molto difficile e che difficilmente riuscirà a superare questa tragedia se non ci sarà un aiuto forte, immediato. In questo le splendide pagine che il Papa ha voluto dedicare al libro, spero che saranno uno sprone, che daranno sicuramente una nuova speranza e che riescano a tenere accesa la luce su questi fatti.
Quindi non si tratta di nostalgia, ma si tratta di ricordare il passato per ricostruire poi in vista del futuro…
R. – Assolutamente non è nostalgia, è memoria e se vogliamo è malinconia, che è quella sensazione di assenza di qualcosa che non potrà più essere ma con grande gratitudine perché è stato, e al tempo stesso con un senso di dolore profondo per il tradimento subito dalla terra che abbiamo amato più di ogni altra cosa.
Il valore della comunità, il valore delle relazioni: è anche questo ciò che il libro sottolinea?
R. – Quando abbiamo rimosso le macerie per cercare quello che c’era sotto, dei piccoli ricordi che magari ci siamo messi in tasca per ricordare i nostri cari, ci siamo accorti che i tetti di una casa stavano sopra le mura di un’altra e quello era un segnale molto chiaro: da qui si esce solo se lo facciamo tutti insieme, perché stavamo tutti nella stessa casa e allora solo facendo comunità, solo stando insieme stringendoci, abbiamo la speranza di superare questa cosa
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