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Asilo nido a Torino Asilo nido a Torino  

Save the Children: in Italia solo 1 bambino su 10 può frequentare un asilo nido

Secondo uno studio di Save the Children, in Italia è estremamente basso il numero dei bambini di età compresa tra gli zero e i tre anni che hanno la possibilità di frequentare un asilo nido pubblico o privato. Per l’Ong è dunque prioritario promuovere un’Agenda per la prima infanzia con un piano organico di interventi

Camillo Barone – Città del Vaticano

In occasione dell’inizio dell’anno scolastico, Save the Children ha diffuso i risultati di un’indagine pilota condotta sul campo in 10 città italiane: la povertà educativa dei bambini si manifesta sin dai primissimi anni di vita, prima di varcare la porta della scuola dell’obbligo. Ebbene ciò che è emerso dallo studio della Ong è che in Italia solamente un bambino su dieci può accedere ad un asilo nido pubblico, con picchi più che negativi registrati in alcune regioni meridionali, tra cui figurano sopra le altre la Campania e la Calabria, dove rispettivamente solo il 3,6% e il 2,6% dei bambini ha accesso ad un asilo nido pubblico. Uno scenario in cui le ripercussioni negative riguardano soprattutto i minori provenienti da famiglie economicamente svantaggiate e che hanno dunque maggiori difficoltà nell’accedere alla rete degli asili privati non convenzionati.

L’asilo nido aiuta a ridurre le disuguaglianze

“L’indagine pilota svolta da Save the Children mostra come diseguaglianze educative che possono avere sui bambini un impatto di lunga durata si manifestino molto prima dell’accesso alla scuola dell’obbligo. La povertà educativa va dunque combattuta a partire dai primi anni di vita, attraverso solide politiche di sostegno alla prima infanzia e alla genitorialità, oggi assolutamente carenti nel nostro Paese, evitando che siano proprio i bambini delle famiglie più svantaggiate a rimanere esclusi dalle opportunità educative di qualità”, ha affermato Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia - Europa di Save the Children. Secondo il report infatti, i bambini che hanno frequentato l’asilo nido hanno risposto in maniera appropriata a circa il 47% dei quesiti proposti a fronte del 41,6% di quelli che hanno frequentato servizi integrativi, che sono andati in anticipo alla scuola dell’infanzia o che sono rimasti a casa e non hanno quindi usufruito di alcun servizio. Una differenza che si fa ancor più marcata per i minori provenienti da famiglie in svantaggio socio-economico.

L’Italia resta lontana dagli standard europei in materia

Il target fissato dall’Unione Europea circa l’accesso dei bambini tra zero e tre anni all’asilo nido o a servizi integrativi è del 33%, mentre l’Italia resta ancora lontana da questo obiettivo, garantendo solo ad un bambino su quattro (il 24%) tale accesso per l’infanzia e, di questi, solo la metà (12,3%) frequenta un asilo pubblico. Risultati decisamente migliori riguardano invece l’accesso alla scuola dell’infanzia, che in Italia accoglie il 92,6% dei bambini dai 3 ai 6 anni, superando pertanto l’obiettivo europeo del 90% di copertura, anche se tutti i dati in questione riportano un’elevata discrepanza tra le regioni meridionali e settentrionali.

L’occupazione delle mamme e il tempo trascorso dai bambini con i genitori

“Il fatto che una madre lavori non è di per sé un elemento di svantaggio per quanto riguarda l’apprendimento e la crescita educativa del proprio bambino. Il tema in realtà è quello della qualità del tempo che i genitori investono con i propri figli, per esempio attività semplici come la lettura delle favole e il giocare all’aria aperta hanno un ruolo decisivo nel costruire il rapporto che il bambino crea con il mondo che lo circonda”, ha commentato poi Raffaela Milano ai microfoni di Radio Vaticana Italia, aggiungendo anzi che una madre che lavora e che allo stesso tempo riesce a condividere il tempo libero col bambino è garanzia di un maggiore benessere socio-economico per la famiglia tutta. “Al pari dell’asilo nido, la qualità del tempo che i genitori dedicano ai figli fa effettivamente la differenza nel contrasto alla povertà educativa. Nella cura di un bambino, sin dai primi mesi di vita, non va mai persa di vista la dimensione dello sviluppo relazionale e intellettivo con attività semplici e fondamentali. È una evidenza scientifica ma, purtroppo, ancora oggi poco considerata nella pratica”, ha poi concluso Raffaela Milano.

Ascolta l'intervista a Raffaela Milano

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07 settembre 2019, 12:42