Da Scampia una lezione di rispetto delle regole a scuola
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
La storia è nota per il risalto mediatico avuto sui giornali e sui social. La vicenda ha come scenario la zona di Scampia a Napoli, tristemente nota alle cronache per il degrado sociale e i livelli di criminalità. In questo caso ha vinto però il rispetto delle regole. Cosa è successo: un ragazzino di 13 anni alunno dell’Istituto comprensivo Alpi-Levi non è potuto entrare in classe il primo giorno di scuola perché si è presentato abbigliato con la testa rasata e delle treccine blu. A difenderlo la nonna e la mamma che hanno contestato il provvedimento della scuola, a loro dire troppo severo e lesivo dei diritti del ragazzino. Si sono prospettati perfino interventi legali e del Ministero della Pubblica istruzione e perfino del Garante dell’Infanzia. In realtà nella scuola esiste un Patto di corresponsabilità sottoscritto da genitori e alunni, che prevede “un abbigliamento adeguato al luogo e all'età”.
A spiegare la giustezza dell’intervento educativo è Rosalba Rotondo dirigente scolastica dell’Istituto Alpi-Levi, da 36 anni a Scampia, in un territorio tanto difficile in cui operare quanto ostile verso chi si cimenta ad offrire un futuro di autonomia ai giovani, strappandoli a contesti malavitosi. Parole appassionate le sue, di denuncia perfino di connivenze affinché Scampia non si emancipi ma resti zona fertile per la criminalità.
R. - A scuola l’alunno è sempre entrato, lo abbiamo accolto a scuola, ma non in classe perché voleva dire metterlo in cattiva luce rispetto ai compagni che comunque rispettano le regole. Il ragazzo fin dall’inizio ha capito di aver sbagliato ma la mamma con un fare da ‘bulla’ ha detto che il figlio comunque doveva entrare così. Poi ha promesso che gliele avrebbe fatte togliere ma purtroppo, la Scampia del trash l’ha istigata a non retrocedere dalle sue posizioni, consentendo che il ragazzo fosse esposto ad un massacro mediatico, ad una strumentalizzazione, perché molti hanno cominciato a fare campagna elettorale sulla vicenda e molti hanno cercato un momento di celebrità, postando commenti su Facebook e altri social, senza sapere nulla dell’impegno mio e dei professori perché i ragazzi non cadano nella camorra e nello spaccio di droghe.
Noi li guidiamo per intraprendere attraverso lo sviluppo dei talenti e delle competenze gli studi superiori per poi essere professionalizzati e poter non arrangiarsi e dover necessariamente accettare le lusinghe, i successi della malavita, perché altrimenti la scuola a Scampia avrebbe un valore ‘ornamentale’. Invece, qui operiamo anche contro il muro di alcune associazioni che prendendo fondi proprio grazie alle miserie degli abitanti di Scampia, vogliono che Scampia resti così, nel degrado, nella malavita. Perché altrimenti non riuscirebbero ad avere quei fondi di cui godono. In tanti anni non ho mai visto delle cooperative di lavoro per recuperare, per dare alternative concrete. Non è così per tutte le associazioni, abbiamo la realtà del maestro Maddaloni ed abbiamo le forze religiose che si impegnano qui ma molte associazioni – devo dirlo - si sono schierate a fianco della mamma del ragazzo. E sa cosa è successo? Che adesso lui già ha fatto una serata con un cantante neomelodico che l’ha chiamato nel suo spettacolo. Certe mamme infatti abbigliano i figli così sperando che qualcuno li noti per poi fargli fare i provini nei film, per essere invitati alle serata o chiamati in tv, perché sono fonti di guadagno. Quando ci sono i serial cinematografici, qui si fanno chilometri di fila nella speranza di essere presi come comparse, come attori e non si pensa ad istituire scuole di cinema, scuole di teatro. Veramente, uscirebbero dei talenti! No, Scampia si deve prendere, io dico come una preda che si spolpa fino alla fine e quando rimane la carcassa uno prende e se ne va, e dice ormai che devo prendere più?
Cosa ha portato questo ragazzo a tornare su suoi passi? E anche la famiglia mi sembra che poi sia retrocessa dalle sue posizioni…
R. – E’ stata la sua volontà, quando ha capito che la mamma lo voleva a scuola imponendo il suo rientro in classe ha detto: “No, io devo ritornare in classe non per imposizione di mia madre”. Guardi la maturità del ragazzo, il seme impiantato che sta facendo buoni frutti. Lui ha detto: “Voi mi dite che sono un ragazzo maturo, intelligente, allora io me le voglio togliere, ma devo vedere se mamma vuole”. Allora gli ho risposto: “Tu sei intelligente e maturo, quindi dille: “Mamma, non entrerò io a scuola se non mi tolgo le trecce”. Allora, la madre ha dovuto cedere e non ha sentito più lo stuolo di quelli che sostengono il trash a Scampia ed oggi il ragazzo è entrato ed è stato inserito nella masterclass, che è una classe di recupero perché lui deve recuperare comunque delle abilità.
Spesso i docenti non solo a Scampia lamentano l’intervento dei genitori nella didattica e nei metodi educativi, quasi che la presenza dei genitori indebolisca il loro ruolo. Cosa ne pensa lei?
R. - Se l’intervento del genitore può essere di beneficio e può aiutarci a migliorare l’offerta formativa e il tiro educativo per i nostri allievi, ben venga. Ma se invece con un fare ‘guappesco’ si vuole imporre una volontà che non giova ai ragazzi - perché l’anarchia che c’è a Scampia la si vuole imporre anche a scuola – si deve rifiutare. Per cui è una lotta impari. In questo caso, se si è convinti, se tutta la comunità professionale dell’Alpi-Levi reagisce compatta, ferma, nelle sue composizioni pedagogiche, istituzionali, costituzionali, i genitori vengono messi a tacere e dopo ci ringraziano perché al momento non lo capiscono, ma quando vedono i successi scolastici dei figli e crescono, professionalmente ritornano sui loro passi. In effetti chi è istruito e colto è sempre più potente di chi non lo è, perché ha gli strumenti per poter fronteggiare ogni situazione.
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