Tragedia a Lesbo. Caritas: 13mila migranti in condizioni disperate
Alessandro Guarasci – Città del Vaticano
Sarebbero almeno due i morti nell’incendio di ieri che ha coinvolto il campo profughi di Moria a Lesbos, in Grecia. Migranti che protestavano per
l'affollamento della struttura hanno appiccato il fuoco in diversi punti. I migranti nell’isola greca furono visitati dal Papa nell’aprile dei 2016. A maggio scorso Francesco ha poi inviato il cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere pontificio, per portare la sua vicinanza e una donazione di 100mila euro a chi ospitato nelle strutture dell’isola.
Le autorità greche fanno fatica a gestire il flusso dei migranti
I migranti, per lo più afghani, si sono anche scontrati con la polizia e chiedevano di essere trasferiti sulla terraferma. Nel campo di Moria le condizioni di vita sono spesso definite difficili. Accanto alla recinzione ufficiale è nato anche un accampamento detto “L'uliveto”. Le autorità greche fanno fatica a gestire il flusso dei migranti che negli ultimi mesi ha registrato un aumento degli arrivi, nonostante gli accordi con la Turchia. "La situazione è tesa", ha detto il sindaco di Lesbos Stratis Kytelis. Sull'isola è in arrivo il vice ministro per la Protezione del Cittadino (equivalente all'Interno) Lefteris Oikonomou, ex capo della polizia ellenica.
Molti migranti bloccati a Lesbo da più di un anno
Di una situazione al limite del sostenibile parla anche Danilo Feliciangeli, responsabile dei progetti della Caritas italiana in Grecia: “il campo accoglie in questo momento più di 13 mila persone in situazioni assolutamente inadeguate, perché è un campo strutturato per accoglierne al massimo 3 mila, ma anche queste in condizioni sicuramente faticose, considerando che è composto da tende, strutture provvisorie. Inoltre in un contesto in cui purtroppo le persone sono lì, bloccate sull’Isola di Lesbos per mesi, alcuni anche per più di un anno, in attesa di ricevere una risposta alla loro richiesta di asilo”.
L’Unhcr ha parlato di due morti: voi avete altre notizie?
R. – Al momento le notizie sembrano confermate anche dalla polizia locale; ci sono notizie che parlano addirittura di ulteriori morti, di un morto in più. La cosa, purtroppo, appunto, è credibile perché sembra che ci siano stati forti ritardi nell’arrivo dei soccorsi, dei vigili del fuoco. E poi si tratta di un accampamento, quindi è probabilissimo che in una situazione di tensione qualcuno appicca un fuoco per protesta però questo si espande e si perde, ovviamente, il controllo della situazione.
Come è possibile che i migranti continuino ad arrivare a Lesbo nonostante l’accordo tra l’Unione Europea e Turchia?
R. – Solo a settembre sono arrivate più di 7 mila persone; negli ultimi mesi si sta registrando un aumento di un trend che comunque c’è sempre stato. L’accordo in realtà prevede non che non arrivino le persone, ma che le persone che arrivano – quelle che non hanno diritto a presentare richiesta d’asilo – vengano rimandate indietro. E questo ovviamente era stato un grosso deterrente a non far partire più le persone dalle coste turche, ma soprattutto grazie all’impegno economico che l’Unione Europea aveva messo in piedi a favore della Turchia, la Turchia ha aumentato moltissimo i controlli sulle proprie coste, riducendo le partenze. Però, questo è un fenomeno che a fasi alterne aumenta o diminuisce. Se si riuscisse a rendere più veloci le pratiche … Le persone possono aspettare qualche settimana, un mese, due, prima che venga valutata la loro richiesta, ma non tutto questo tempo. Questo eviterebbe tanta sofferenza sia a chi è in cerca di un futuro migliore, sia alla popolazione locale, che ovviamente dopo tanti anni subisce anch’essa le conseguenze di questa situazione.
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