Ad un passo le elezioni anticipate del 12 dicembre nel Regno Unito
Federico Francesconi – Città del Vaticano
La strada per l’approvazione della legge che ha sancito queste elezioni anticipate è stata parecchio accidentata. I Labouristi avevano sempre osteggiato la mozione, temendo che la prospettiva di un voto precedente alla scadenza del 31 ottobre per la Brexit avrebbe permesso al governo di Boris Johnson di smettere di tentare la via di un accordo con l’Unione europea, spingendo il Paese verso il no deal. Nel far cambiare idea al Labour party ha pesato la decisione del Consiglio Europeo di accettare la proposta di rinvio del termine per la Brexit al 31 di gennaio; infatti, con una campagna elettorale che sarà probabilmente incentrata completamente sulla questione dell’uscita del Regno Unito dall’Unione, le carte in tavola risultano completamente rimescolate. A questo proposito l’Unione Europea, già disposta ad accettare l’accordo per l’uscita proposto da Boris Johnson qualche settimana fa, si è mostrata disposta ad attendere che gli inglesi prendano la loro decisione, ma il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, con un tweet, ha chiesto agli “amici inglesi” di “usare con cura il tempo concesso da questo rinvio, che potrebbe essere l’ultimo”.
L’influenza del voto nella decisione sulla Brexit
Il motivo che ha spinto il primo ministro inglese Boris Johnson a battersi con tanta forza per un voto anticipato ha le sue radici nelle precedenti elezioni del 2017, che avevano lasciato sia i Tories che il Labour party senza una maggioranza assoluta. Questa situazione aveva costretto il partito di governo – quello conservatore – ad affidarsi all’appoggio di gruppi parlamentari più piccoli, tra i quali soprattutto il Dup, il partito unionista nordirlandese, rivelatosi però un alleato difficile, soprattutto riguardo al voto sulla Brexit, poiché completamente contrario al meccanismo del Backstop. Con le nuove elezioni sia i Tories che i Laburisti sperano di trovare una maggioranza più solida, che permetta loro di prendere una decisione definitiva in un eventuale nuovo voto per un accordo sulla Brexit con l’Unione.
Le previsioni dei primi sondaggi
Secondo la Bbc, che ha prodotto una media dei sondaggi più recenti sul gradimento dei partiti in Inghilterra, nelle ultime settimane la posizione del partito conservatore di Boris Johnson si è gradualmente consolidata, raggiungendo il 40 per cento dei consensi. I labouristi di Jeremy Corbyn invece sono rimasti piuttosto stabili al 24 per cento, seguiti dai liberal-democratici al 18 per cento e dal Brexit party capitanato da Nigel Farage con l’11 per cento. L’indice di gradimento dei leader politici hanno segnalato un record negativo per Corbyn. Solo il 16 per cento dei cittadini sembra essere soddisfatto del suo lavoro, mentre il 76 per cento ritiene che non abbia fatto abbastanza. Il distacco è di ben 60 punti percentuali e si tratta del peggior risultato registrato dal 1997, anno in cui l’istituto Ipsos Mori ha cominciato a trattare questo tipo di sondaggio. Leggermente migliore è risultata la situazione di Boris Johnson con una differenza tra soddisfatti e insoddisfatti di 18 punti percentuali, un risultato decisamente migliore di quello del suo avversario, ma comunque in deficit rispetto ad esempio a quanto registrato da Theresa May – la precedente leader dei conservatori – durante i suoi primi mesi di governo.
Le possibilità elettorali dei partiti minori
“In Inghilterra c’è un sistema maggioritario secco. È vero che i liberaldemocratici hanno dei sondaggi relativamente favorevoli, ma vincere ai seggi non è semplice", ha spiegato ai microfoni di Radio Vaticana Vittorio Emanuele Parsi docente di Relazioni internazionali all’università Cattolica di Milano:
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