Ecuador: ancora proteste. Dai vescovi nuovo appello al dialogo
Il bilancio degli incidenti in tutto il Paese, ha reso noto l'Ufficio dell'Ombudsman (Difendore del Popolo), è di almeno cinque morti, 554 feriti e 929 detenuti. Intanto ancora ieri molte migliaia di indigeni, riferisce il quotidiano La Hora, si sono mossi in corteo nella capitale, recandosi verso il centro storico. Arrivati però vicino alla chiesa di San Blas hanno deviato tentando di raggiungere l'edificio dell'Assemblea nazionale fortemente presidiato dalle forze di sicurezza. Qui vi sono stati ripetuti scontri con soldati e agenti di polizia che hanno lanciato lacrimogeni verso i dimostranti, senza però che questi recedessero in modo significativo dai loro propositi.
La testimonianza di un missionario
Don Giuliano Vallotto, missionario fidei donum della diocesi di Treviso, in merito al conflitto sociale che da oltre una settimana paralizza l’Ecuador e in particolare la Capitale afferma all’Agenzia Sir che “Siamo a un punto di svolta e per certi aspetti di non ritorno. Colgo un inasprimento del conflitto, che ha ormai due attori: gli indigeni della Sierra e dell’Oriente amazzonico da una parte e il Governo dall’altra”. “È stata la città ad aprire otto giorni fa il conflitto – prosegue don Vallotto –. È, però la resistenza la sta facendo il mondo indigeno. Da giovedì hanno iniziato ad affluire verso Quito altre migliaia di indigeni, che si spostano con autobus, con camion superaffollati, con camionette e che entrano in città per gruppi. Alcune università hanno aperto le porte a questa massa di gente: la Politecnica Salesiana, la Cattolica, la Centrale, la Andina… il centro operativo e d’incontro resta sempre la Casa della Cultura, con il vicino parco dell’Arbolito”.
Cresce la solidarietà per i manifestanti
“È incredibile - prosegue il sacerdote - la maniera in cui la città sta reagendo. Ieri sono stato alla Casa della cultura e all’Università Centrale per portare viveri, coperte e vestiti… È sorprendente l’organizzazione della solidarietà a cui sto assistendo. Le suore del centro pastorale della Gatazo (uno dei nostri due centri) già da tre giorni stanno raccogliendo di tutto. Un gruppo di persone fa la cernita e nel pomeriggio con due camionette portano il tutto nei centri di raccolta, dove un’organizzazione di giovani e di volontari distribuisce nei diversi luoghi dove le persone vanno a passare la notte di ritorno dalle manifestazioni, durante le quali non sono mancati scontri durissimi con militari e Polizia”.
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