Giappone: sale il bilancio delle vittime del tifone Hagibis
Federico Francesconi – Città del Vaticano
Il tifone Hagibis, che si è abbattuto sabato sul Giappone, è approdato prima sulla penisola di Izu e poi è risalito sulla costa orientale dell’arcipelago verso nord, fino a raggiungere Tokyo e le aree più popolate del Paese. Dopo tre giorni di piogge torrenziali l’uragano ha lasciato il Giappone ma nella sua corsa ha causato danni ingenti in numerose prefetture. Sono ancora 35mila gli sfollati che hanno dovuto abbandonare le proprie case e rifugiarsi nei centri di accoglienza. Il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha spiegato che “ci sono ancora molti residenti che mancano all’appello” ma ha assicurato che la polizia e le forze di sicurezza “stanno lavorando giorno e notte in missioni di ricerca e salvataggio”.
I danni calcolati finora
La regione più colpita dal tifone è stata quella dell’isola di Honshu, la più grande e popolata del Giappone, e se la tempesta ha risparmiato in parte la capitale Tokyo – dove le uniche esondazioni sono state quelle del fiume Tama - tutte le aree circostanti hanno subito danni ingenti, soprattutto a Nagano e a Nakano, dove gli argini del fiume Chikuma sono crollati, inondando le strade urbane, su cui il livello dell’acqua ha raggiunto i 2 metri.
In tutto il Paese i fiumi sono esondati in 14 località diverse causando vasti allagamenti in diverse aree urbane e circa mezzo milione di case ha subito un blackout totale. Nella città di Hakone è piovuto più di un metro di pioggia in meno di 48 ore, un record mai registrato in Giappone. Anche i danni alle infrastrutture e ai trasporti sono stati parecchi; molti voli sono stati cancellati e le linee ferroviarie sono state soppresse in diversi momenti in tutte le zone interessate dalle piogge; addirittura, ancora a Nagano, un deposito che conteneva 10 treni ad alta velocità Shinkansen, sono stati sommersi da più di 4 metri d’acqua.
Le scorie trascinate via dalle piogge a Fukushima
A Fukushima, secondo il quotidiano giapponese Asahi, alcuni sacchi contenti materiale contaminato sono stati trascinati dall’acqua verso un piccolo fiume, in seguito all’allagamento di una parte delle strutture di stoccaggio. I sacchi contenevano erbe, rami e terra contaminati che erano stati raccolti durante la decontaminazione dei seminativi vicino all’impianto nucleare dopo il disastro causato dal terremoto del marzo 2011. Il materiale era stato spostato e stoccato in strutture apposite nel distretto di Miyakojimachi della città di Tamura, che però non hanno retto alla forza del tifone. Parte delle scorie sono già state recuperate grazie a una società di ingegneria civile locale, e le autorità di Tamura hanno dichiarato di voler consultare il ministero dell’ambiente per comprendere se esista la possibilità di effetti negativi sul territorio.
La rete di sicurezza per le emergenze in Giappone
“Il Giappone ha una struttura di risposta alle emergenze e dei tempi di recupero e reazione più celeri rispetto ad altre nazioni; tuttavia è un Paese molto infrastrutturato, ed è chiaro che i danni, soprattutto quando sono ingenti, se ci sono vanno affrontati. Ci vorranno settimane per rimettere in sesto alcune strutture, per altre anche tempi più lunghi.” Lo ha spiegato ai microfoni di Radio Vaticana Stefano Vecchia, giornalista ed esperto di questioni orientali.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui