Peter Schwartz: storia di un cardiologo e di una sindrome non più misteriosa
Marina Tomarro – Città del Vaticano
Ottobre 1970. Cesarina Bonomi è una ragazza di 19 anni della provincia bresciana che lavora a Milano e fa una vita tranquilla; è in salute, anche se ogni tanto le capita di svenire, forse il caldo o la stanchezza chissà… Ha una passione, la trasmissione del Rischiatutto e uno dei suoi sogni è quello di poter un giorno vedere dal vivo il quiz, condotto da Mike Buongiorno, e che in Italia sta spopolando. Un giorno si presenta la grande occasione. Grazie ad un’amica, Cesarina è invitata a vedere dal vivo lo show. Appena giunta negli studi si siede tra il pubblico. È molto emozionata ed inizia a seguire con trepidazione il gioco che ha visto tante volte alla tv. Ad un certo punto Mike Buongiono rivolge una domanda al pubblico e con grande sorpresa si gira verso la ragazza. L’emozione sale, diventa eccessiva, insopportabile per questa giovane e il suo cuore si arresta. Cesarina muore sul colpo, tra lo sconcerto di Mike e dei tanti spettatori presenti quella sera.
Un incontro che cambia la vita
Un giovane medico - si chiama Peter Schwartz - ancora non sa che la morte di Cesarina è destinata a cambiargli la vita. Per una serie di coincidenze, sarà lui che dovrà occuparsi della sorellina della povera Cesarina. La piccola si chiama Agostina e soffre degli stessi disturbi della sorella ormai scomparsa. Ha solo 8 anni e viene ricoverata al Policlinico dell’Università di Milano, dove Schwarts studia e lavora.
“Quando abbiamo visitato Agostina – racconta il professor Schwartz, che oggi dirige il Centro per lo Studio e la Cura delle Aritmie Cardiache di origine Genetica all’Istituto Auxologico Italiano nel capoluogo lombardo – nessuno riusciva a capire di cosa si trattasse. Addirittura in un primo momento la bambina era stata fatta ricoverare in neuropsichiatria, ma dopo aver esaminato con attenzione i suoi elettrocardiogrammi, ho intuito che il problema era di tutt’altra natura”.
Alla ricerca della sindrome misteriosa
Per il professore inizia allora uno studio che in un primo momento non sembra dare alcun risultato. “Quelle anomalie elettrocardiografiche – spiega – erano un mistero per me e per i miei colleghi. Un giorno un pediatra mi suggerì di cercare nella letteratura medica internazionale ed è lì che trovai le prime descrizioni di questa malattia, a cui io ho poi dato il nome di Sindrome del QT lungo” (il QT è l’intervallo tra due onde dell’elettrocardiogramma ndr). In questa malattia, non comune ma non rara e trasmessa geneticamente, quando il cuore riceve delle importanti scariche nervose dal cervello va in una specie di cortocircuito elettrico e si arresta. All’inizio i farmaci beta-bloccanti, che per l’appunto neutralizzano l’effetto delle scariche nervose, riescono a proteggere il cuore di Agostina. Ma non basta. Schwartz continua a studiare e a sperimentare, e capisce che l’unico modo per aiutare la bambina - e di seguito anche Cesarina, un’altra piccola della famiglia Bonomi, nata alcuni anni dopo la morte della prima sorella e da cui erediterà purtroppo non solo il nome, ma anche la malattia - è quella di tentare un’operazione che “interrompa” la connessione tra il suo cervello e il cuore mediante il taglio dei nervi cardiaci simpatici di sinistra.
Mi fido di te…
“Quando il professore propose questa operazione ai miei genitori dicendo di averla provata solo in laboratorio - racconta Cesarina Bonomi, che oggi è una bella signora felicemente sposata e mamma di un giovane di 22 anni - mio padre lo prese per matto. Ma l’entusiasmo del dottor Schwartz e la situazione emotivamente difficile in cui viveva la mia famiglia ancora scossa dalla morte improvvisa della nostra prima sorella, li condussero ad avere fiducia ed accettare”.
Così in una mattina del 1973, Agostina e la mamma salgono su una corriera per Milano. La piccola crede di andare a fare una gita in macchina con il giovane medico che ormai conosce bene, e invece poco dopo viene portata in ospedale. Il dottor Peter le parla con dolcezza, le chiede di fidarsi di lui, spiegandole che tra poco dormirà ma quando si sarà svegliata avrà una nuova vita e potrà correre e giocare come tutti gli altri bambini, senza paura di svenire o di sentirsi male. L’operazione ha inizio, affidata alle mani di un chirurgo esperto che collabora con Schwartz. “Mia madre – racconta Cesarina, ancora oggi emozionata – andò a pregare la Vergine di Lourdes a cui era molto devota in una chiesetta vicino il Policlinico, promettendo di aprirsi a nuove maternità se mia sorella si fosse salvata. Eravamo già otto figli…“.
Verso una nuova vita
L’operazione va bene. Agostina da quel momento ha una nuova vita allietata, l’anno successivo, dall’arrivo di un fratellino. Passa il tempo, Agostina cresce, sta bene e non ha più svenimenti, ogni anno fa le sue visite di controllo dal professore. Si innamora e decide di sposarsi: come testimone di nozze vuole proprio il medico che ha salvato la sua vita e a quella di tanti bambini colpiti dalla Sindrome del QT lungo. “Quando eravamo sull’altare – racconta divertito e commosso il professore ricordando la sua prima paziente, purtroppo scomparsa di recente per un’altra malattia – continuavo a chiederle se aveva preso i beta-bloccanti ed ero terrorizzato dal fatto che Agostina potesse avere un arresto cardiaco se si fosse emozionata troppo durante la cerimonia. Poi andò tutto benissimo”.
Da quel primo caso, per il professor Schwartz sono seguiti anni di studi e approfondimenti su questa patologia. ”Sono stato in America – continua a raccontare il cardiologo – ho lavorato lì per molti anni portando avanti le mie ricerche per cercare di proteggere al meglio i pazienti con questa malattia, poi sono tornato a Milano e ho iniziato gli studi di genetica per approfondire sempre più le conoscenze sulla Sindrome del QT lungo. A quel primo intervento di denervazione ne sono seguiti tanti altri e questa adesso è diventata la terapia standard per i casi non protetti dai beta-bloccanti. Tra i pazienti c’è anche Cesarina, la sorella di Agostina. “Quando è toccato a me – racconta – sapevo bene quello a cui sarei andata incontro. Ricordo le visite di controllo dopo l’operazione, le tante ore che dovevano trascorrere a causa di quell’apparecchietto che mi avevano applicato per registrare un lungo elettrocardiogramma. I miei genitori per distrarmi mi portavano sulle guglie del Duomo ad ammirare da vicino la Madonnina tutta d’oro”.
Da Milano fino al Sud Africa
La fama del professor Schwartz ha fatto il giro del mondo arrivando fino in Sud Africa, dove il cardiologo si reca ogni anno per i suoi studi volti a capire perché all’interno delle famiglie vi siano fratelli con lo stesso identico difetto genetico ma con un destino opposto: chi muore e chi sopravvive. “In Sud Africa studiamo da 20 anni, 25 famiglie con circa 500 persone, tutte affette dalla sindrome del QT lungo e tutte discendenti da un unico antenato - che tra l’altro il caso ha voluto avesse il mio nome in olandese, Pieter Swart - trasferitosi in Sud Africa nel 1690. Questa straordinaria popolazione di pazienti ci ha permesso di identificare per la prima volta delle varianti genetiche che aumentano o diminuiscono il rischio di morte nei pazienti e questo, ora, ci sta permettendo di capire meglio chi sono i soggetti a rischio più alto e quindi di poter offrire loro la miglior protezione possibile”.
Oggi, tanti sono i bambini che insieme alle loro famiglie giungono da tutta Europa all’Istituto Auxologico Italiano di Milano per farsi visitare da questo luminare. “Spesso mi capita di incontrare padri e madri angosciati – spiega – che arrivano da noi dopo aver portato il proprio figlio in molti altri posti, spendendo tanti soldi senza risolvere nulla e venendo spaventati a morte per l’idea di poter perdere improvvisamente i propri piccoli”. Il professore mentre parla si ferma un attimo, poi riprende a raccontare: “Vede, è tremendamente importante che un medico sappia immaginarsi dall’altra parte della scrivania, quando si ha paura per i propri cari e ci si deve affidare a qualcuno che dovrebbe curarli e salvarli. Se si fa questo, i comportamenti cambiano. Tra l’altro, questa malattia adesso si cura benissimo – se si sa cosa si deve fare”.
La storia di Noemi
È successo a Noemi Jovane quando, a 11 anni, ha incominciato a perdere spesso conoscenza. Ha avuto una serie di ricoveri in molti ospedali, dove è stata spaventata a morte, fino a quando le è stato consigliato di rivolgersi al professor Schwartz. “Dal 2014 la mia vita è cambiata – ci dice – il professore è stato per me un padre, ha capito le mie paure, mi ha messo accanto uno psicologo per superare i momenti difficili. L’anno scorso ho preso parte ad un protocollo sperimentale per cercare nuove medicine per questa malattia. All’inizio è stata dura ma la vicinanza del professore e dei miei cari mi rassicurava e dava forza. Oggi sto bene e riesco a vivere la mia quotidianità guardando verso il futuro. E prima questa cosa per me era impossibile”.
Un viaggio che continua
Tanti i premi e riconoscimenti internazionali ricevuti dal professor Schwartz durante la sua lunghissima carriera. L’ultimo nel giugno scorso presso l’Istitut de France di Parigi. “Sono stato insignito – racconta emozionato – del prestigioso Grand Prix Scientifique della Fondazione francese Lefoulon – Delalande”. Il Premio è uno dei maggiori riconoscimenti mondiali nel campo della cardiologia e della ricerca cardiovascolare, secondo soltanto al premio Nobel quanto a prestigio. “Per me è stato un grande onore – continua – e al momento della premiazione era come se con me ci fossero tutte quello persone, sia pazienti sia collaboratori, che hanno preso parte a questa incredibile avventura durata quasi 50 anni nella ricerca cardiovascolare, e iniziata con le due sorelle Cesarina ed Agostina, senza le quali la mia vita sarebbe stata completamente differente”.
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