Vittime di tratta: il caso della Costa d’Avorio
Francesca Berti – Città del Vaticano
L’Europa non è sempre una destinazione ambita, ma lo può diventare quando i migranti cercano di scappare dai loro aguzzini. Un fenomeno che si sta verificando sempre più spesso, anche tra le donne ivoriane. Secondo i dati dell’Oim, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, negli ultimi quattro anni c’è stato un progressivo aumento del numero di donne provenienti dalla Costa d’Avorio: si è passati dall’8% sul totale di migranti ivoriani nel 2015, al 40% nel solo 2019.
Il contesto ivoriano
Si tratta principalmente di donne tra i 20 e i 35 anni, che hanno frequentato al massimo le classi primarie e che hanno scarso accesso a opportunità economiche. Le ragazze incontrate dall’Oim infatti gestivano nel proprio paese piccole attività come la vendita di frutta e verdura. I motivi della loro partenza non sono però esclusivamente economici. Le donne ivoriane sono spesso vittime, fin dalla più tenera età, di violenza di ogni genere: mutilazioni genitali, matrimonio forzato e abuso domestico. È con la promessa di un lavoro e di una vita migliore che vengono convinte – ovviamente con l’inganno – a ‘trasferirsi’.
Lo sfruttamento in Tunisia
Nella maggioranza dei casi, il paese di immigrazione prescelto è la Tunisia, paese per il quale non è richiesto visto di ingresso se si proviene dalla Costa d’Avorio. Qui le donne ivoriane sono vittime di sfruttamento lavorativo domestico, in condizioni degradanti. Molto spesso sono anche costrette a subire maltrattamenti e abusi sessuali. Private del passaporto dal datore di lavoro, e quindi esposte al rischio di espulsione, non hanno altra possibilità di fuggire se non tentando la traversata del Mediterraneo. Ma è a questo punto che si scontrano con il rischio di re-trafficking. Le vittime finiscono per affidarsi nuovamente a persone che si dicono disposte a farsi carico dell’organizzazione e dei costi del viaggio, ma che poi finiscono per sfruttarle approfittando della loro vulnerabilità.
L’importanza della protezione umanitaria
Occorre dunque rafforzare la collaborazione tra Stati e organizzazioni internazionali per cercare di contrastare il fenomeno della tratta e proteggere chi ne è stato vittima. “L’Italia ha una legislazione molto avanzata – afferma Flavio di Giacomo, portavoce Oim –. Esiste la possibilità di avere un permesso di soggiorno per protezione sociale e non c’è neanche bisogno di denunciare lo sfruttatore per essere protette. Purtroppo senza l’Istituto della protezione umanitaria che è stato abolito nell’ultima ‘legge sicurezza’ è ora più difficile offrire protezione ai migranti che invece andrebbero tutelati viste le grandi violazioni che subiscono nel percorso migratorio e durante il viaggio via mare”.
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