Inondazioni in Camerun: 80 mila disastrati nell’Estremo Nord, perso il 95% dei raccolti
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Il “95% dei raccolti” è andato perduto. Non sono parole dettate dallo scoraggiamento ma da una ulteriore spinta ad agire quelle di fratel Fabio Mussi, coordinatore della Caritas diocesana di Yagoua, nell’Estremo Nord del Camerun. Il missionario laico del Pime, in questi giorni a Roma, racconta come nel territorio della diocesi dalla seconda metà di ottobre siano in corso “alluvioni causate dalle piogge nei Paesi vicini, Centrafrica e Repubblica del Congo, arrivate fino a noi attraverso le acque del fiume Logone”. “Il terreno - spiega il missionario che dal 2009 opera in Camerun, con alle spalle lunghe esperienze in Costa D’Avorio e Burkina Faso - non è in grado di assorbire queste abbondanti piogge, quindi ci sono state inondazioni che hanno interessato tutti i comuni lungo il fiume. E anche il livello del Lago Ciad si è alzato di due metri, con l'allagamento di alcune sue isole e zone periferiche”.
L’emergenza sull’isola di Blaram
È il caso di Blaram dove “come diocesi di Yaogua abbiamo una scuola di circa 250 alunni, tutti figli di pescatori, che è situata su un piccolo promontorio: a lungo è stata la zona più sicura, dove la popolazione in occasione di altre inondazioni si era rifugiata”. “Ora la scuola è allagata da 30 cm d’acqua, quindi i ragazzi hanno cercato di svuotarla e di sistemare dei sacchi di sabbia tutt’attorno, per poter continuare ad andare a lezione”. Chi “vive lungo il fiume ha perso quasi tutti i raccolti della stagione agricola e i contadini sono in ritardo per poter piantare altre colture”. Anche “i pozzi e le perforazioni che erano a livello del suolo” sono stati inondati, con il risultato che il 70% di quelli per acqua potabile è fuori uso, soprattutto nella località di KaiKai, dove la Caritas è intervenuta assieme alle organizzazioni internazionali con operazioni di riparazione, perforazione, distribuzione di medicinali. È possibile sostenere gli sforzi della Caritas di Yagoua tramite la Fondazione Pime di Milano, con una donazione secondo le modalità previste dalla onlus e specificando la causale: “S121 - Emergenza Inondazione Estremo Nord del Camerun”.
Allarme malattie idriche
“Attualmente - informa il coordinatore della Caritas diocesana di Yagoua - si stima che 80 mila persone siano state colpite da queste inondazioni, per quanto riguarda casa, raccolti, acqua potabile: questa gente si è riversata su delle alture dove però non ci sono servizi igienici, con conseguenze sanitarie d'insalubrità, quindi ci siamo organizzati con dei servizi mobili”. L’allarme è per le cosiddette “malattie idriche, diarree, gastroenteriti, malaria, che si aggiungono ad un'epidemia di colera in una zona limitrofa”: “ci aspettiamo che aumentino di qui a qualche settimana, quando la situazione con le acque non ancora rientrate diventerà più grave, con l'esaurimento anche delle scorte alimentari”.
Boko Haram e la crisi nelle regioni anglofone
Paradossalmente le inondazioni hanno rallentato gli sconfinamenti e le azioni degli estremisti islamici nigeriani di Boko Haram, la cui decennale violenza ha causato, secondo recenti dati Onu, oltre 35 mila vittime. “Le inondazioni - spiega fratel Mussi - frenano anche le attività militari, oltre che commerciali. Per Boko Haram quindi c'è stato un rallentamento delle azioni, pure se a livello locale abbiamo informazioni che più o meno ogni settimana ci sono dei piccoli attacchi. I miliziani sono capaci di giungere in zone inondate anche a cavallo o a dorso d’asino, razziando quei pochi animali che poi possono portare via o compiendo degli attacchi” per rivendicare una presenza sul territorio. A tale emergenza si somma la crisi nelle regioni anglofone, il Nord-Ovest e il Sud-Ovest, dove in oltre due anni gli scontri tra esercito di Yaoundé e separatisti hanno provocato 3 mila morti e più di un milione di sfollati. Il presidente del Camerun Paul Biya ha parlato in queste ore della concessione di uno status speciale alle regioni di lingua inglese. “A inizio settembre è stato lanciato un dialogo nazionale, il presidente - ricorda frate Fabio - ha liberato circa 350 prigionieri e il leader dell’opposizione e ha parlato di regioni a statuto speciale: purtroppo non ci sono ancora i dettagli di cosa significhi”, aggiunge sottolineando l’auspicio per un dialogo reale e concreto.
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