Pkf, torna a Roma la rassegna del cinema israeliano
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
E’ un cinema giovane ma non troppo quello israeliano, nato con lo Stato di Israele, oggi quindi giunto ad una certa maturità e con lo stimolo ad interrogarsi sul proprio passato. In questa edizione ci saranno pellicole che offriranno proprio questo sguardo all’indietro, come The Unorthodox, di Eliran Malka, un film, spiega Ariela Piattelli direttrice artistica del festival assieme a Lilit Mash, che “affronta il tema della nascita del partito politico Shas, fondato dagli ebrei sefarditi negli anni ‘80”. Un’interpretazione del passato la offre anche Golda documentario dedicato al primo ministro israeliano Golda Meir, un’intervista inedita girata per la tv israeliana poco prima della scomparsa della Meir, un film che ne racconta la storia e la vita, tra momenti difficili e di gloria. Naturalmente – spiega ancora la Piattelli – “abbiamo anche un buon numero di film dedicati a temi attuali come possono essere le molestie sul posto di lavoro, la vita di detenuti, insomma temi che affrontano la realtà israeliana ma che sono assolutamente universali”.
In tutti i film i temi legati allo Stato di Israele
Quest’anno, spiegano ancora le organizzatrici, non vi saranno film dedicati alla questione israelo-palestinese, ma i temi del conflitto, della guerra, e anche del dialogo sono dietro alla maggior parte delle pellicole, come in The Dive, la vita in un kibbutz i cui protagonisti sono soldati sul fronte libanese, stessa cosa per la commedia-thriller Douze Points, sullo sfondo l’Is e il Mossad, ma in chiave comica, perché sono comunque temi, spiega la Piattelli, che “appartengono alla normalità dello Stato di Israele”.
Il cinema israeliano è laico ma attento alla religione
Il cinema israeliano di oggi evolve rapidamente come la cultura e la società israeliane, aggiunge Michèle Seguev, Addetta culturale dell’ambasciata israeliana in Italia: “I registi, i produttori, hanno capito che è importante descrivere l’odierna società e trattare tutti i temi, inoltre sono molto giovani, dotati di grande immaginazione e con una incredibile creatività”. Il cinema israeliano, aggiunge la Seguev, “pur essendo totalmente laico, tratta oggi sicuramente più di 10-15 anni fa il tema della religione ebraica e di quella parte della società israeliana più religiosa, c’è oggi la voglia di conoscere e capire cosa accade in questa parte della società ortodossa che è misteriosa, che non è aperta a tutti”.
Premio alla carriera al grande regista Eran Riklis
Il premio alla carriera quest’anno va al regista israeliano forse più conosciuto all’estero, Eran Riklis, acclamato in tutto il mondo per film come Il giardino di limoni, Dancing Arabs e Shelter, vero rappresentante del cinema israeliano di oggi, che si concentra sul tema dell’identità. “I suoi film – conclude la Piattelli – mettono sempre al centro l’essere umano”.
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