L'incubo del terrorismo torna nel cuore dell'Europa
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
A meno di due settimane dalle elezioni, un “grave atto di terrorismo”, come lo definisce Scotland Yard, colpisce Londra. Il teatro è ancora London Bridge come il 3 giugno del 2017 quando l'Isis rivendicò la morte di 11 persone e il ferimento di 48, dopo che tre uomini a bordo di un furgone prima investirono i pedoni sul marciapiede e poi si andarono a schiantare contro un pub. Ieri pomeriggio la paura è tornata tra la gente per un accoltellamento. Intorno alle 14, Usman Khan, 28 anni, in libertà vigilata dopo una condanna per terrorismo, aggredisce due passanti uccidendoli e ne ferisce tre prima di essere colpito a morte dalla polizia.
L'uomo aveva appena partecipato ad un programma di recupero per ex carcerati organizzato dalla Università di Cambridge nella vicina Fishmongers' Hall, minacciando di far saltare in aria l'edificio e poi allontanandosi di corsa. Un lupo solitario con indosso una finta cintura esplosiva, noto alla polizia britannica e ritenuto vicino a gruppi del terrorismo jihadista. "Gli aggressori non ci dividono né ci intimidiscono", "siate vigili", le parole del premier Boris Johnson.
Si alza il livello di attenzione ed è allerta in tutta Europa, anche perchè a poche ore da Londra il cuore dell’Aja, in Olanda, ha rivissuto l’incubo del 2018. Un 45enne ancora in fuga accoltella e ferisce tre minorenni, mentre la Gare du Nord a Parigi veniva evacuata per una valigia sospetta contenente fortunatamente solo un pezzo di artiglieria definito 'inerte'.
Ma quale l'origine di questi nuovi episodi di violenza nel cuore dell'Europa? Siamo di fronte ad una rete in crisi che tenta il ritorno? Antonella Palermo ne ha parlato con Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell'Alta Scuola di Economia e relazioni Internazionali:
R. - La rete di sicuro deve subire una forte riorganizzazione identitaria. Da un lato è evidente che non risente della morte del suo leader, e neanche degli sconquassi a cui l'organizzazione è sottoposta, ma contemporaneamente ha un problema di crollo o calo di fiducia. A questo calo i terroristi (n.d.r.) possono replicare con l'intensificazione di azioni che sono a un basso costo sia dal punto di vista dei materiali, che della preparazione e del loro espletamento. Dovremmo quasi stupirci che attentati di questo tipo siano così pochi che così tanti".
Quanto c'entrano le elezioni in Gran Bretagna?
R.- Poco o nulla. Al fondo delle ragioni ci sono tutta una serie di problemi - che riguardano un'area del mondo da cui provengono, come ispirazione, gli attentatori - che rimangono tal quali: c'è un profondo malessere, si veda la situazione in Siria, Iraq, Afghanistan; d'altra parte c'è comunque il rischio - su cui bisogna fare molta attenzione - che si diffonda un atteggiamento anti-islamico, xenofobo che finisce per esasperare soggetti che già si percepiscono molto tagliati fuori dalle nostre società, società - diciamolo - che non lasciano grandi speranze nemmeno alle maggioranze più integrate. In questa incertezza la possibilità che atti violenti continuino è alta".
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