Indonesia. 15 anni fa lo tsunami: nel disastro la forza della solidarietà
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Sono passati 15 anni dal violentissimo terremoto di magnitudo 9.1 che il 26 dicembre 2004 colpì l’Oceano Indiano al largo della costa nord-occidentale di Sumatra, in Indonesia, provocando un gigantesco tsunami: onde alte fino a 50 metri, devastarono parti delle regioni costiere di Indonesia, Sri Lanka, India, Thailandia, Birmania e Bangladesh, uccidendo oltre 230.000 persone. Si tratta del terremoto più violento del XXI secolo, terzo nella storia della sismologia, cioè da quando si possono misurare i terremoti con rigorosi strumenti scientifici.
Il ricordo di quel giorno
Numerose celebrazioni si sono tenute, in occasione dell'anniversario, in Indonesia, il Paese maggiormente colpito. Le vittime sono state commemorate, come ogni anno, anche in Thailandia (dove furono 5mila i morti, molti dei quali turisti), India e Sri Lanka. Dopo quel terribile giorno, dove non mancarono le polemiche circa i tempi di segnalazione d’allarme per le popolazioni delle aree investite dallo tsunami, è stato ideato l'Indian ocean tsunami warning system, uno strumento fondamentale per analizzare le possibili conseguenze dei terremoti e segnalare ai governi dei Paesi interessati stime e tempi di arrivo di possibili onde anomale. L'impatto di quel fenomeno devastante fu così forte che da allora è cambiato il sistema di monitoraggio e di allerta dei maremoti in numerosi Paesi del mondo, compresa l’Italia.
Dall’Asia al mondo intero
Il disastro naturale ebbe un’eco mondiale impressionante, tale da permettere la raccolta di oltre 13 miliardi di dollari di aiuti da parte di moltissimi Paesi. Una risposta senza precedenti, sia in termini di reattività sia di entità degli aiuti, della macchina della solidarietà. Ad illustrarlo nel dettaglio è il rapporto “Lo tsunami, 10 anni dopo” diffuso dalla ong internazionale Oxfam nel 2014, nel quale si evidenzia come anche il contributo dei privati abbia registrato numeri record: il 40% dei fondi, pari a circa 5,5 miliardi di dollari, è stato donato da cittadini, imprese e fondazioni. Si tratta della più ingente raccolta di risorse private della storia. Una solidarietà che era stata auspicata anche dalla Santa Sede attraverso le parole di San Giovanni Paolo II.
Le parole del Papa
La "comunità internazionale si adoperi per portare sollievo alle popolazioni colpite". Questa la richiesta di San Giovanni Paolo II nelle ore immediatamente successive al terremoto. "La festa del Natale - disse il Papa dopo la preghiera dell'Angelus del 26 dicembre 2004 - è stata rattristata dalle notizie che giungono dal Sud-Est dell'Asia per il forte terremoto che ha colpito l'Indonesia con conseguenze in altri Paesi, come lo Sri Lanka, l'India, il Bangladesh, il Myanmar, la Thailandia, la Malesia e le Maldive". "Preghiamo - aggiunse - per le vittime di questa immane tragedia ed assicuriamo la nostra solidarietà per quanti soffrono, mentre auspichiamo che la comunità internazionale si adoperi per portare sollievo alle popolazioni colpite". Tre giorni dopo, nell’Udienza generale del 29 dicembre, il Santo Padre lanciò un nuovo appello, parlando di “immane catastrofe”. “La comunità internazionale e molte organizzazioni umanitarie si sono rapidamente mobilitate per i soccorsi. Così stanno facendo anche numerose istituzioni caritative della Chiesa. Nel clima natalizio di questi giorni – disse San Giovanni Paolo II - invito tutti i credenti e gli uomini di buona volontà a contribuire generosamente a questa grande opera di solidarietà verso popolazioni già duramente provate ed esposte ora al rischio di epidemie”.
L’aiuto della Santa Sede
All’indomani del devastante disastro naturale, Il Papa desiderò manifestare la sua paterna e spirituale vicinanza alle popolazioni maggiormente toccate dalla grave calamità, disponendo l'invio di immediati aiuti per una cifra superiore ai 300mila dollari. Nelle settimane successive ulteriori aiuti furono destinati alle popolazioni colpite. Un mese dopo il terremoto, il presidente di "Cor Unum", monsignor Cordes, venne inviato dal Santo Padre quale suo speciale messaggero in Indonesia e Sri Lanka.
Il messaggio di San Giovanni Paolo II un mese dopo
“Sono profondamente grato al Pontificio Consiglio ‘Cor Unum’ ed alle numerose agenzie cattoliche di aiuto e di assistenza per gli sforzi dispiegati nel soccorrere le popolazioni colpite da questa immane catastrofe naturale”. Così, in un messaggio al Presidente del Pontificio Consiglio ‘Cor Unum’ monsignor Paul Josef Cordes, si esprimeva il Papa a quasi un mese dal terremoto. “Mi unisco in particolare – si legge nel messaggio - a tutti i cattolici e ai credenti nell'affidare le vittime di questa terribile calamità all'infinita misericordia di Dio Onnipotente e nell'impetrare la divina consolazione per i feriti, i sopravvissuti e i senzatetto. Auspico – prosegue - che la solidarietà dimostrata dai nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo sia fonte di incoraggiamento, perseveranza e speranza per tutti coloro che sono impegnati nella grande opera di ricostruzione che si prospetta”. Quindi una specifica richiesta: “Chiedo inoltre ai fedeli delle diverse religioni di essere uniti nel sostenere ed assistere coloro che sono nel bisogno. Con la grazia di Dio – conclude il Papa - possa tale catastrofe condurre ad un futuro di maggiore generosità, cooperazione ed unità al servizio del bene comune da parte degli individui, dei popoli e delle nazioni”.
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