In guerra e in pace, giornalisti ‘silenziati’ in tutto il mondo
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
La fine di ogni anno è l’occasione di fare bilanci anche sullo stato della libertà di stampa nel mondo. Quello che emerge dal Rapporto 2019 dell’organizzazione non governativa Reporter senza frontiere (Rsf) è un bilancio di luci ed ombre. Sono infatti diminuiti, al primo dicembre di quest’anno, i giornalisti assassinati nel mondo: 49 rispetto agli 80 del 2018, il numero più basso negli ultimi 10 anni; un decennio insanguinato, che ha registrato in totale 941 operatori dell’informazione uccisi.
Siria e Messico i Paesi con più vittime
Il dato in ribasso è dovuto – spiega Rsf – al positivo calo delle morti sugli scenari di guerra, per la copertura dei conflitti in Siria, Yemen e Afghanistan, dove i giornalisti vittime sono calati da 34 nel 2018 a 17 nel 2019. La Siria resta però in cima ai Paesi più letali per i reporter, avendo registrato quest’anno 10 morti, un primato che condivide con il Messico, che pure è un Paese formalmente in pace. A seguire nella lista degli Stati killer dei giornalisti sono l’Afghanistan (5 morti), il Pakistan (4 morti), Somalia (3 morti), Honduras e Yemen (2 morti).
Giornalisti deliberatamente uccisi
“Per i giornalisti il confine tra Paesi in guerra e in pace sta scomparendo”, ammonisce il segretario generale di Rsf, Christophe Deloire, ricordando che quest’anno l’America Latina con 14 vittime si è avvicinata ai fronti di guerra in Medio Oriente. “Un numero sempre maggiore di giornalisti – ha osservato - viene deliberatamente assassinato per il lavoro svolto in Paesi democratici, il che costituisce una vera sfida per le democrazie in cui questi giornalisti vivono e lavorano”. I giornalisti uccisi nel 2019 sono tutti morti nel loro Paese, 46 uomini e 3 donne, di cui 36 erano professionisti, 10 freelance e 3 collaboratori.
Aumenta il numero delle carcerazioni
Nel rapporto di Rsf sono riportati anche i dati ben più alti sulle detenzioni e rapimenti di operatori giornalisti: 389 sono quelli incarcerati nel 2019, il 12 per cento in più rispetto al 2018, di cui massima parte sono detenuti in Cina (120), un terzo del totale, Egitto (34), Arabia Saudita (32), Siria (26), Turchia (25), Vietnam (25); ci sono poi i giornalisti fatti prigionierie tenuti in ostaggio, 57 in tutto il mondo, in gran parte in Siria, Yemen, Iraq e Ucraina.
L’importanza di monitorare la libertà di stampa
Da rilevare che i dati riportati dagli organismi umanitari internazionali non sempre coincidono esattamente, come nel caso dei rapporti 2019 del Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) e di Reporter senza frontiere (Rsf), resi noti in questi giorni di dicembre. Ciò è dovuto alle fonti di riferimento e alla classificazione di chi opera a vario titolo nell’informazione. Se i numeri possono discostarsi nella conta finale, ciò non invalida la preziosa opera di monitoraggio sulla libertà di stampa nel mondo e la denuncia puntuale delle violazioni, che danno la misura del mancato rispetto dei diritti umani universalmente riconosciuti.
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