India: i musulmani esclusi dalla legge sulla cittadinanza
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Una legge antimusulmana. Così viene definita la nuova controversa normativa, approvata dal governo indiano, che concede la cittadinanza ai migranti provenienti da Bangladesh, Afghanistan e Pakistan, a meno che non siano di religione islamica. Una legge che da giorni sta provocando violente proteste di piazza. Decine di migliaia di persone hanno manifestato anche ieri in molte città indiane. Soprattutto nella capitale New Delhi si sono registrati violenti scontri tra i partecipanti alla marcia partita dall'università Jamia Millia Islamia. Arrestati e poi rilasciati all’alba circa 100 studenti. Ma c’è fermento in tutti gli altri atenei del Paese in particolare in quelli di cultura islamica. Una situazione che sta inasprendo i rapporti già difficili con il vicino Pakistan. L'Assemblea Nazionale di Islamabad ha condannato con una risoluzione la legge sulla cittadinanza dell'India, profondamente lesiva – si afferma – dei diritti umani soprattutto nella regione del Kashmir indiano. La legge – afferma Cecilia Brighi, esperta dell’area orientale - non fa che acuire i già difficili rapporti con il Pakistan.
Creare una Nazione induista
Dietro la decisione del premier Modi, gli osservatori internazionali leggono l’intenzione di fare dell’India uno Stato induista, escludendo quindi tutte le altre realtà religiose. Ma questo, affermano i critici del governo di New Dehli, va contro la Costituzione indiana, che parla di Stato laico, nel quale ogni credo possa essere liberamente esercitato. Infatti sono già numerosi i ricorsi contro la legge per incostituzionalità. Intanto la protesta popolare continua. Oggi la polizia ha sparato gas lacrimogeni sui dimostranti che affollavano le strade di New Delhi. Gli agenti sono entrati in azione dopo una sassaiola da parte dei manifestanti. Nella capitale si registrano gravi difficoltà per la chiusura di alcune stazioni e arterie stradali.
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