Venti di pace in Ucraina: liberati 200 prigionieri
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Tra l’Ucraina e i separatisti filorussi dell’est del Paese finalmente potrebbe innescarsi un proficuo percorso di pace. Oggi è stato effettuato lo scambio di circa 200 prigionieri fra Kiev e le autoproclamate repubbliche filorusse di Donetsk e Lugansk. Nel frattempo continua a bassa intensità il conflitto nella regione orientale del Paese, iniziato nell’aprile del 2014 e che ha provocato sinora 13 mila morti. Questo evento avviene in ottemperanza degli accordi raggiunti il 9 dicembre a Parigi dal cosiddetto gruppo Normandia, formato dai rappresentanti di Francia, Germania, Ucraina e Russia. Secondo Giuseppe D’Amato, esperto di est Europa e dell’area ex sovietica, si tratta di un segnale positivo, anche se sono ancora diversi i punti controversi da risolvere. Nella questione, infatti, oltre agli aspetti più strettamente territoriali, si innesca il problema delle relazioni energetiche tra Russia ed Europa, dopo il memorandum di intesa sul South Stream, il nuovo gasdotto diretto, che elimina ogni altro Paese dal transito.
In Ucraina è giunta la speranza di pace del Papa
Lo scambio di prigionieri avvenuto oggi risponde in parte alle istanze di pace più volte espresse da Papa Francesco. Anche nel messaggio Urbi et Orbi di Natale il Pontefice ha inserito l’Ucraina nel novero delle crisi mondiali da risolvere con urgenza. Le parole del Santo Padre – afferma Giuseppe D’Amato – sono state un sollievo per le popolazioni colpite da oltre cinque anni di guerra, la consapevolezza che non sono sole di fronte alla tragedia di un conflitto sinora senza soluzione.
Prossimo obiettivo: risolvere tutti i motivi di frizione
Per una pace reale sarà necessario che ognuna delle parti rinunci a qualcosa per giungere ad una posizione condivisa. Una cosa è certa: forse l’Ucraina non sarà più quella di oggi e le repubbliche separatiste non potranno far pienamente parte della Russia. Ma la sfida per la comunità internazionale oggi è proprio questa: portare la crisi definitivamente ed efficacemente sul tavolo dei negoziati e farsi concreta mediatrice perché si arrivi ad una soluzione comune, che ponga la parola fine sulle sofferenze delle popolazioni civili dell’una e dell’altra parte.
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