Primo Congresso panafricano cattolico su teologia, società e vita pastorale
Isabella Piro- Città del Vaticano
Indetto dall’Associazione dei teologi africani, con il sostegno del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), e di numerosi seminari e università cattoliche africane, l’evento proseguirà fino a domenica prossima, 8 dicembre. All’origine del Congresso, la volontà di celebrare tre importanti anniversari: i 50 anni della fondazione del Secam, istituito nel 1969; i 25 anni dal primo Sinodo speciale per l’Africa, svoltosi nel 1989, e i 10 anni dal secondo, tenutosi nel 2009.
All’evento panafricano assistono 80 partecipanti tra sacerdoti, religiosi, laici e studiosi del continente, tutti con l’obiettivo di sviluppare nuove pratiche e nuovi approcci teologico-pastorali, nel contesto del “mutevole volto della fede e della vita in Africa”. Conclusi i lavori, è prevista la pubblicazione di tre volumi che faranno da guida alla preparazione teologica, alla vita pastorale e alla formazione degli operatori pastorali nell’ambito della giustizia sociale, della fede e della partecipazione attiva nella vita politica e civile dei Paesi africani. Previsto anche il lancio di un nuovo sito web.
Le linee guida
Tre le linee-guida dei lavori congressuali: “agire, produrre e concretizzare”, con una prevalenza dell’aspetto pratico su quello teorico. L’auspicio – spiega una nota introduttiva del Convegno – è che si dia vita alla “creatività teologica e a nuove intuizioni” per far passare la Chiesa in Africa “dalle parole ai fatti, dalla proposta alla dimostrazione di come si può fare”. Nelle intenzioni di partecipanti c’è anche la volontà di redigere, al temine del Congresso, “una breve dichiarazione sull’impegno della Chiesa a lavorare insieme al popolo di Dio” per il bene comune del continente africano.
L’auspicio, inoltre, è che questo incontro sia solo il primo di una serie di eventi a cadenza biennale. Per questo, è prevista anche la creazione di una banca-dati online sulla ricerca teologica e pastorale in Africa, affinché “il lavoro di formazione alla teologia nel continente” non si esaurisca con il Congresso stesso, ma prosegua nel tempo, attraverso uno scambio reciproco di informazioni tra tutti i partecipanti.
Un simbolo di pace e riconciliazione
Peculiare, poi, il metodo che viene seguito durante i lavori del Convengo, ovvero il così detto “palaver africano”: si tratta di un metodo filosofico basato sulla pace e la bellezza, le cui radici affondano nella pratica degli antichi africani di radunarsi sotto un albero (il palaver tree, originariamente un baobab) per discutere di questioni di interesse comune in modo pacifico e costruttivo. La voce di ogni partecipante all’incontro viene, quindi, ascoltata e tutti parlano mostrando rispetto per l’altro e per la sacralità della verità. Con il tempo, l’albero di palaver è diventato un simbolo di pace e di riconciliazione, radicato nella convinzione che si può accettare un compromesso, perché è questo ciò che ci rende umani.
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