Cardinale Koch: aprirsi agli altri per arginare l’antisemitismo
Chrtistine Seuss – Città del Vaticano
Il Forum è stato organizzato dalla World Holocaust Forum Foundation in collaborazione con Yad Vashem. La delegazione della Santa Sede è stata guidata dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, all’interno del quale c’è la Commissione vaticana per i Rapporti religiosi con l’ebraismo. Ai microfoni della sezione tedesca di Vatican News, il porporato spiega il forte significato dell’evento di ieri
R. – Io credo che il solo fatto che siano venuti tanti rappresentanti degli Stati, sia un segno che anche dal punto di vista storico, si è voluto lanciare un segnale contro l'antisemitismo. E’ stato detto chiaramente, anche in molti dei discorsi, che dobbiamo imparare dalla storia e che una cosa del genere non deve mai più accadere. Io credo che l'antisemitismo non sia solo un capitolo della storia che può essere archiviato nei libri di storia, ma che è un fenomeno che anche oggi sta nuovamente emergendo. In questo senso, molti esempi sono stati citati, che devono far pensare.
Cardinale Koch quali sono le cause dell’antisemitismo?
R. - Le cause sono certamente molto diverse, che non si possono riassumere. Ci sono varie ragioni per cui le persone hanno paura degli stranieri, degli altri, a causa delle molte sfide che affrontano, e quindi questo viene trasferito agli ebrei, per esempio. Oggi abbiamo anche forti tendenze nazionaliste, un nuovo riaffacciarsi del nazionalismo, che può anche esprimersi in chiave antisemita. Le cause sono anche molto diverse da Paese a Paese. Ma penso che il nazionalismo e il populismo siano le principali cause.
Che cosa possono fare i cattolici per arginare l’antisemitismo?
R. - Innanzitutto direi che anche le paure della gente devono essere prese seriamente. Ma dobbiamo prendere sul serio queste paure della gente per aiutarla a superarle. Cosi, come ci dice Gesù nel vangelo di Giovanni: “Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!”. Bisogna fare entrambe le cose: considerare le paure della gente, ma nella certezza di poter vincere queste paure nella fede, aprendoci all'altro. Ovviamente la Chiesa cattolica è chiamata in modo particolare ad approfondire il patrimonio comune con l'ebraismo - le tradizioni comuni, i valori condivisi - e soprattutto la “Nostra Aetate”, la grande dichiarazione del Concilio Vaticano II sul dialogo ebraico-cristiano, per di continuare su questo cammino.
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