L’educazione è un diritto per tutti, negato a troppi, da non dimenticare
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
“Imparare per le persone, il pianeta, la prosperità e la pace”: è il tema della seconda Giornata internazionale dell’educazione, celebrata oggi nella sede dell’Unesco a Parigi e nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York e con eventi in tutto il mondo, per sottolineare – come suggerisce l’Onu - “la natura integrata dell’istruzione, i suoi obiettivi umanistici nonché la sua centralità rispetto alle ambizioni di sviluppo collettivo”.
Educazione inclusiva, equa, permanente
“Dobbiamo fare di più – sollecita infatti il segretario generale dell’Onu Antonio Guterrez – per assicurare un’educazione inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti”, così come previsto nell’Agenda degli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030.
Istruzione gratuita, obbligatoria, accessibile
Da ricordare che la stessa Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1948, prevede all’art. 26 che “ogni individuo ha diritto all’istruzione”, che “deve essere gratuita” e obbligatorio almeno per “le classi elementari e di base”, mentre l’istruzione tecnica e professionale deve essere “alla portata di tutti” e l’istruzione superiore “accessibile a tutti sulla base del merito”. Già negli anni del secondo dopoguerra l’Onu raccomandava che l’istruzione fosse indirizzata “al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali” e che dovesse promuovere “la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le nazioni, i gruppi razziali e religiosi” e “favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace”; nella stessa Dichiarazione si indica che “i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli”.
265 milioni di scolari assenti dai banchi
Sono passati oltre 70 anni da allora ma ancora oggi - denuncia l’Onu - 265 milioni di bambini e adolescenti nel mondo sono assenti da scuola e 617 milioni non sanno leggere e scrivere e fare operazione matematiche di base. Le più svantaggiate sono le bambine e le ragazze. Una adolescente su tre nelle famiglie più povere, nei Paesi più arretrati, non è mai andata a scuola; nell’Africa subsahariana meno del 40 per cento completa la scuola secondaria inferiore. Sono dati tratti dall’ultimo rapporto dell’Unicef, che mette in luce “la crisi dell'apprendimento ed il bisogno urgente di migliorare i fondi per l'istruzione dei bambini più poveri”. Tra i 42 Paesi presi in esame è risultato che i fondi per l’istruzione dei figli del 20 per cento delle famiglie più ricche sono il doppio di quelli destinati ai figli del 20 per cento delle famiglie più povere. Come a dire che quanto più si è poveri tanto più si è esclusi dai programmi educativi!
Investire in modo equo e diffuso
“Gli Stati ovunque – avverte Henrietta Fore, direttore generale dell’Unicef - stanno fallendo nel prendersi cura dei bambini più poveri del mondo, e per questo, anche nel prendersi cura del benessere stesso del Paese”. “Siamo in un momento critico” ammonisce Fore e se non investiremo “in modo equo e diffuso sull’istruzione dei bambini”, questi “avranno poche speranze di affrancarsi dalla povertà, acquisire le competenze di cui hanno bisogno, avere successo nel mondo di oggi e contribuire alle economie dei loro Paesi”.
Dimezzare la povertà con i libri
L’Unesco rammenta che centrando il quarto Obiettivo dello sviluppo sostenibile - “garantire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento permanente per tutti” - potrebbe essere dimezzata la povertà nel mondo intero. E’ infatti dimostrato che ogni anno istruzione porta in media un incremento medio del 10 per cento del reddito, percentuale che cresce di molto nei Paesi più poveri, che hanno carenza di lavoratori qualificati.
Cultura per tutti porta pace e stabilità
L’istruzione è anche la chiave di volta per creare condizioni di politica partecipata, inclusione sociale, democrazia diffusa, stabilità e pace. Una recente ricerca condotta in 100 Paesi con almeno 50 anni di storia ha dimostrato che un maggiore divario educativo è portatore di maggiori conflitti. Le iniziative educative rivolte alle fasce di popolazioni più povere ed emarginate ne favoriscono l’emancipazione e l’accesso alla giustizia, contribuendo alla riconciliazione nelle società.
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