Nei cinema italiani la storia e il sacrificio di don Minzoni
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Rispose alla violenza fascista con il cuore, unica e sola arma in suo possesso. Don Giovanni Minzoni, nasce e muore in Emilia Romagna, a soli 38 anni, nel 1923, a meno di un anno dalla marcia su Roma. Don Minzoni viene ucciso per la sua predicazione, troppo pericolosa e sovversiva per le camicie nere. A lui, che con coraggio si oppose a quel regime di paura, sono intitolate vie, piazze, scuole in molte città italiane, resta però una figura sconosciuta ai molti, e “questo è il paradosso”, spiega Stefano Muroni, giovane autore e interprete di ‘Oltre la bufera’ , film dedicato appunto al sacerdote, per la regia di Marco Cassini e prodotto da Controluce.
Don Minzoni fu il primo grande ‘no’ del 900
Muroni, attore di Ferrara, arriva dalle zone di don Minzoni, ravennate di nascita, ma ucciso ad Argenta, nel ferrarese, la sua storia Muroni la conosceva dai nonni. “Sentivo l’esigenza di raccontare questa grande persona, perché lui è stato il primo grande ‘no’ del ‘900, un uomo che disse no ad un sistema, pur consapevole che sarebbe stato ucciso”. E’ un film su di un passato che ancora oggi ci parla e ci appartiene, la storia di questo parroco, decorato al valore per il coraggio dimostrato sul campo durante la prima guerra mondiale, che, iscrittosi anche al Partito Popolare di don Luigi Sturzo, ad Argenta si oppone al nascente regime fascista attraverso l’educazione dei giovani, con la creazione di cooperative di ispirazione cattolica, con la promozione del doposcuola, del teatro parrocchiale e con la fondazione del gruppo scout nella sua parrocchia, “la goccia che per i fascisti fece traboccare il vaso – spiega Muroni – perché stava prendendo il potere dell’educazione cittadina ed è lì che i fascisti decidono di dargli una lezione”. ‘Oltre la bufera’ si ispira alla tragica fine di don Minzoni, con il titolo ispirato a quel “attendo la bufera” detto dal sacerdote qualche giorno prima di essere ucciso a bastonate.
Fu un grande educatore, cattolico e improntato al principio di libertà
“Don Minzoni parlava di una educazione, sì cristiana cattolica, legata al senso religioso, ma soprattutto di una educazione legata al senso della libertà e della bellezza, temi universali ed estremamente attuali”, aggiunge Muroni che ricorda anche quando negli anni ’90 san Giovanni Paolo II si recò sulla tomba del sacerdote in occasione del 60mo dalla morte, sottolineandone l’importanza per i giovani. “Mi piace pensare che non fu ucciso perché antifascista – conclude Muroni – ma perché educatore, e questo alza enormemente l’asticella di questa persona. Lui non era contro niente e nessuno, ma era a favore, delle persone, della condivisione dei saperi, era a favore della matematica, della letteratura, del teatro, questo è il messaggio che il film vuole dare, che il senso della memoria è indispensabile, perché spesso le società dove manca il senso della memoria sono destinate all’infelicità”.
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