Parma, Capitale della Cultura. Monsignor Solmi: coltivare l’umano
Isabella Piro - Città del Vaticano
In una lunga lettera pastorale diffusa nei giorni scorsi e redatta in occasione della scelta di Parma come “Capitale Italiana della Cultura 2020”, monsignor Enrico Solmi, vescovo dell'antica città universitaria dell'Emilia-Romagna, mette in evidenza come questo evento non sia "soltanto un crescendo di cose belle da vedere o un indotto che aumenta gli introiti”, né “lo scintillio di un momento o un’operazione di marketing”, ma deve implicare “un rinnovato amore per la città”, armonizzando bellezza, bontà, giustizia e verità.
Il senso di fare cultura
“Aiutare a crescere la persona è fare cultura”, evidenzia Monsignor Solmi, ribadendo poi che “ogni gruppo umano ha e manifesta la sua cultura”. Di qui, il richiamo al “rispetto verso le molteplici espressioni del vivere, insieme al desiderio di dialogo nell’incontro tra stili di vita diversi”. “Dialogo tra culture”, quindi, ma anche “cultura del dialogo” che il presule declina come “disponibilità permanente ad accogliere i valori altrui e a confrontarsi con essi”. E, naturalmente anche “cultura cristiana”: il vescovo di Parma la indica come “un percorso per coltivare l’umano” e “una Chiesa capace di innestarsi in ogni realtà con un confronto franco e dialogante”.
Dalla Chiesa di San Francesco alla Casa di tutti
Punto focale di Parma Capitale della Cultura, evidenzia Monsignor Solmi, è la Chiesa di San Francesco del Prato: attualmente ancora in fase di restauro, verrà riaperta al culto l’8 dicembre di quest’anno, venendo così idealmente restituita alla città. Un’occasione che richiama, nella missiva del vescovo di Parma, le parole che San Francesco d’Assisi udì nella Chiesa diroccata di San Damiano: “Francesco va’, ripara la mia casa che è tutta in rovina”. Questa frase, infatti, “rappresenta un’esortazione riferita non solo alla Chiesa di San Francesco del Prato, ma anche alla città casa di tutti, al Creato casa comune, e alla comunità cristiana” parmense.
L'invito ad uno stile più sobrio
Diversi gli ambiti citati dal vescovo di Parma nei quali si può attuare l’esortazione del Poverello di Assisi: si va dal mondo del lavoro, nel quale si richiama “una lettura profondamente cristiana” che considera l’occupazione non come un qualcosa di “servile”, ma come l’opera redenta di chi collabora nel costruire e coltivare il bene e la casa comune; si passa poi al fenomeno dell’immigrazione, per il quale si invita a “mettere in discussione il modo di vivere” di un mondo globalizzato, in cui si trovano “l’iniquo divario tra Nord e Sud”, “la piaga della corruzione” e “forme più o meno esplicite di neocolonialismo”. Senza dimenticare i poveri: nei loro confronti, la Chiesa di “Parma 2020” – sottolinea ancora Monsignor Solmi – “non può prescindere dalla carità e dalla solidarietà”, sostenendo e valorizzando il volontariato, l’aiuto alle persone svantaggiate e “la promozione di una cultura dell’integrazione e dello sviluppo”. L’invito del presule, inoltre, è anche “ad uno stile più sobrio”, verso “una sostenibilità globale”.
La custodia del Creato è vita
Centrali, allora, saranno l’impegno per la salvaguardia del Creato e la preoccupazione educativa verso l’ecologia integrale: “La custodia e la coltivazione della terra è vita – scrive Monsignor Solmi – E la scelta etica di valorizzarla e di non depredarla è un doveroso atto di giustizia, in particolare verso i Paesi più poveri e verso le generazioni future”, perché “danneggiare il Creato è offendere Dio e i suoi figli”. Riparare il Creato, casa comune, invece, “riporta la persona al centro” e dunque “la questione ecologica e questione umana” che richiede “una risposta ferma e non più procrastinabile” perché “il male inferto all’ambiente è un peccato ecologico dal quale redimersi con una decisa conversione”.
Il Vangelo, luce del cristiano
Infine, Monsignor Solmi si rivolge alla Chiesa di Parma, “semper reformanda, sempre bisognosa di venire riparata” e ne indica le priorità pastorali, quali l’evangelizzazione, la solidarietà, l’impegno politico dei cattolici per il conseguimento della pace e del bene comune, la promozione di una cultura del dialogo, l’attenzione agli anziani e ai giovani. “Proprio verso i giovani – si legge nella lettera pastorale – la Chiesa di Parma dovrà chiedere perdono se rimane vuoto l’impegno assunto ad attuare il Sinodo sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, svoltosi in Vaticano nell’ottobre scorso. Il tutto illuminato dalla luce del Vangelo, “lampada che non può essere coperta”: “Nella politica, nel lavoro come nel tempo libero – conclude la lettera - ovunque il Vangelo è una torcia che si alimenta all’aria dell’incontro e accende speranza e vita buona in tutte le situazioni che il cristiano vive”.
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