Rapporto Open Doors 2020: nel mondo un cristiano su otto è discriminato
Michele Raviart – Città del Vaticano
Un cristiano su otto nel mondo subisce atti persecutori a causa della propria fede, un numero pari a 260 milioni di persone. È questo il dato che emerge dalla World Watch List 2020 dell’ong Porte Aperte / Open Doors, presentato oggi alla Camera dei Deputati italiana. Il rapporto analizza i fatti avvenuti nel mondo dal primo novembre 2018 allo scorso 31 ottobre in cento Paesi potenzialmente interessati dal fenomeno e mostra come rispetto all’anno scorso i cristiani discriminati a un livello definito “alto”, “molto alto” ed “estremo” siano aumentati di 15 milioni.
In calo il numero dei cristiani uccisi
Diminuisce il numero di cristiani uccisi (da 4.305 a 2.983 vittime), con la Nigeria che rimane il Paese più pericoloso per i cristiani a causa degli attacchi delle tribù Fulani e degli islamisti di Boko Haram. Al secondo posto la Repubblica Centrafricana in guerra e al terzo lo Sri Lanka, dove a Pasqua 2019 morirono oltre 200 persone.
Esclusi dalla vita pubblica e perseguitati in privato
“Sono diminuite le morti e le uccisioni, ma è un dato che solitamente cambia a seconda dell'anno e quindi è molto altalenante”, spiega Cristian Nani, direttore di Porte Aperte/ Open Doors. Quello che è costante, invece, è l’aumento della pressione che riguarda la vita privata e la vita pubblica nella comunità e nella Chiesa. “Secondo vari parametri che noi analizziamo – discriminazioni, violenze, esclusione dal lavoro, dalla sanità e dalle cure mediche, leggi che proibiscono l'esistenza dei cristiani o leggi contro le conversioni che vengono utilizzate contro i cristiani”, spiega ancora Nani, “tutto questo insieme comporta un aumento della pressione in moltissimi Stati. In almeno 73 nazioni i cristiani sperimentano un alto livello di persecuzione”.
Corea del Nord e Afghanistan i Paesi più pericolosi
Sono infatti 11 i Paesi in cui la persecuzione contro i cristiani è definita “estrema”. Al primo posto per il diciottesimo anno consecutivo c’è la Corea del Nord, dove secondo Open Doors ci sono tra i 50 mila e i 70 mila cristiani detenuti in campi di lavoro a causa della loro fede. Seguono poi Paesi in guerra da anni e con una componente fondamentalista islamica molto alta come Afghanistan, Somalia e Libia, a cui segue il Pakistan dove, nell’anno della liberazione di Asia Bibi, rimane comunque in vigore la legge contro la blasfemia.
Peggiora la situazione in Sahel
Per la prima volta entrano, tra i primi 50 Paesi per discriminazioni contro i cristiani, Burkina Faso e Camerun, a testimonianza della difficile situazione nell’area del Sahel, dove operano almeno 27 gruppi jihadisti. Nel nord del Burkina Faso sono state chiuse più di 200 chiese. “Uno dei punti essenziali dell'agenda di questi movimenti è comunque l’eliminazione della presenza cristiana”, spiega ancora Nani: “Arrivano nei villaggi del nord del Burkina Faso dando un ultimatum di 3 giorni alle famiglie cristiane per sparire dal posto. Se questo non avviene dopo tre giorni li uccidono”.
In Iraq e Siria i cristiani rischiano di sparire
Dura da anni invece la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente. In Iraq prima della guerra del 2003 erano un milione e mezzo. Oggi sono circa 200 mila e anche i ritorni nella piana di Ninive dopo la cacciata dello Stato islamico sono difficili per la mancanza di condizioni di sicurezza. In Siria, in guerra ormai da nove anni, i cristiani sono passati da oltre 2 milioni a 744 mila.
Oltre 8 mila abusi sulle donne cristiane
In generale, quasi diecimila chiese sono state chiuse o attaccate, mentre sono oltre ottomila i casi di abusi sulle donne causati dalla discriminazione religiosa. “Si tratta della punta dell’iceberg”, afferma ancora Nani, “perché siamo ancora poco capaci di tracciare questi fenomeni, come quello dei matrimoni forzati”. Le stime, afferma, sono “che almeno 23 donne cristiane ogni giorno subiscano una violenza sessuale” in quanto tali.
L’America Latina
Da segnalare infine anche la situazione in America Latina, dove rischiano la vita i sacerdoti e i fedeli che sfidano la criminalità organizzata in Paesi come la Colombia e Messico.
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