Siria, monsignor Audo: serve una dinamica di comunione per superare la guerra
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Il 2020 si è aperto anche ad Aleppo con la celebrazione di una Messa per la Pace che ha riunito, la sera del primo gennaio, i vescovi cattolici della Siria e alcune rappresentanze ortodosse, nella ricostruita cattedrale armena della città. Una cerimonia che vuole dare concretezza all’invito del Papa espresso nel Messaggio per la 53.ma Giornata mondiale della Pace, di "costruire la pace come cammino di speranza", e questo nonostante tutto. Così racconta nella nostra intervista monsignor Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei, mentre dal nord ovest del Paese continuano ad arrivare notizie di bombardamenti che coinvolgono anche scuole e ospedali, seguendo l'avanzata dell'esercito siriano nei territori occupati dal Daesh. Nelle parole del presule siriano, tutta la forza che i cristiani intendono testimoniare, forza della fede, della vicinanza, del dialogo perchè il 2020 sia un anno di pace:
R. - Abbiamo avuto questa celebrazione insieme, ieri sera. Per me è stata una testimonianza di fede, di una determinazione per guardare il futuro insieme e dire che ci sono vie di pace e di riconciliazione. E'una testimonianza molto bella: dobbiamo avere una parola evangelica personale, che aiuti ad uscire dalle violenze ed avere uno sguardo che sia veramente di riconciliazione, di misericordia, di fraternità. E' questo è il nostro ruolo. Poi è molto importante, per il nostro contesto di vita, quella espressione che ripete Papa Francesco: vogliamo costruire ponti, non costruire muri.
Quindi avete iniziato l’anno praticamente all’insegna del dialogo e dell’unità …
R. - Sì. Questo è un po’ nella linea del Vaticano II: voler creare una "dinamica di comunione" non una dinamica di separazione e odio.
Abbiamo notizie proprio all’inizio di questo nuovo anno di continui bombardamenti contro ospedali e scuole a Idlib soprattutto e nelle zone del Nord-Ovest della Siria …
R. - Non ho notizie precise; è difficile per noi sapere cosa accade sul terreno a livello militare. Ogni volta che l’esercito siriano fa progressi - ad esempio verso Idlib, Maarat - e lo fa per recuperare i terreni della Siria per toglierli al Daesh, allora i media dicono che l’esercito siriano attacca ospedali per uccidere bambini, donne, medici, una informazione che interessa molto all’Occidente.
Intanto la Chiesa continua a lavorare: possiamo parlare di frutti di questa guerra, in un certo senso?
R. - Possiamo dire una cosa positiva: con la guerra, la Chiesa è stata capace di essere presente nelle regioni distrutte dai musulmani sunniti. Ad Aleppo e in generale, la gente ha scoperto l’atteggiamento vero della Chiesa, come aiuto ai poveri, come rispetto … E questo è il dialogo della vita, ed è una cosa molto positiva e bella malgrado la guerra. I cristiani hanno questa vocazione di vivere una dinamica di comunione con realismo e carità; e non aver un atteggiamento di paura e di separazione che li porta a fuggire e andare via dal Paese. Si deve creare questa dinamica di comunione che richiede forza, fede spirituale, speranza. È una lettura nuova della realtà, per poter rimanere e vivere le cose positive e ricche del nostro Paese.
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