Massacri in Camerun tra spinte secessioniste e terrorismo
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Strage in un villaggio nel nord-ovest del Camerun: uccise 22 persone per lo più bambini, al di sotto dei cinque anni, e donne, una anche incinta. A riferire del massacro è stato James Nunan, capo dell'Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) per le regioni nord-occidentali e sud-occidentali del Camerun. «Qualunque gruppo abbia fatto questo ha aperto una stagione di nuove violenze - hanno detto alcuni funzionari delle Nazioni Unite - e le persone con cui abbiamo parlato sono traumatizzate e non se lo aspettavano». Nessuno ha rivendicato l’assalto, ma un partito di opposizione ha chiamato in causa esponenti dell’esercito. Il governo del Camerun ha però negato qualunque coinvolgimento. In una dichiarazione, uno dei principali partiti dell’opposizione del Paese, The Movement for the Rebirth of Camerun, ha accusato quello che ha definito “il regime dittatoriale” e il capo delle forze di sicurezza. E Agbor Mballa, figura di spicco nel movimento separatista, ha accusato le forze di difesa dello Stato. Un portavoce dell’esercito ha risposto definendo “false” le accuse.
Delle laceranti tensioni interne, dell’incombere del gruppo terroristico di Boko Haram e del processo elettorale abbiamo parlato con la studiosa africanista Anna Bono:
Questione anglofona e terrorismo
Non c’è pace nelle due province anglofone di un Paese francofono. Il Presidente del Camerun Paul Biya - in carica dal 1982 - è stato accusato di violazioni dei diritti umani nel conflitto nelle province nord-occidentali, dove la maggior parte della popolazione parla inglese ed è legata a tradizioni amministrative britanniche. I gruppi di separatisti armati hanno iniziato a combattere contro le forze dell’ordine di Yaoundé nel 2017 e hanno dichiarato l’indipendenza della cosiddetta Ambazonia, ma il Presidente del Camerun, Biya, ha etichettato i gruppi come “terroristi”. Più di 3.000 persone sono morte nei combattimenti e almeno 70.000 persone sono fuggite dalle loro case.
Ma c'è anche la minaccia terroristica. Molti villaggi camerunensi vicini al confine nigeriano sono stati distrutti da Boko Haram, il gruppo terrorista di matrice islamica che ormai da qualche anno ha varcato i confini della Nigeria e terrorizza i Paesi vicini, oltre al Camerun, il Niger e il Ciad. Nel solo 2019 il gruppo terroristico ha commesso più di 100 attacchi in Camerun, uccidendo oltre un centinaio di civili. E oltre 270.000 camerunensi sono sfollati a causa delle violenze di Boko Haram. La povertà, l’insicurezza e la mancanza di prospettive future rende i ragazzi obiettivi facili da manipolare per i jihadisti.
La sfida elettorale
In tutto questo contesto, il 9 febbraio 2020 si sono svolte le elezioni legislative e municipali. L'affluenza è stata molto ridotta e non soltanto nelle zone colpite dalle violenze. La Commissione nazionale per il censimento generale dei voti ha iniziato i suoi lavori oggi, 17 febbraio, più di una settimana dopo le elezioni legislative e municipali. L'annuncio dei risultati deve avvenire entro e non oltre il 29 febbraio dopo aver esaminato gli appelli dei partiti politici che denunciano le irregolarità in cui queste elezioni sembra siano state contaminate. Quaranta richieste di annullamento parziale o totale del doppio scrutinio delle elezioni legislative e comunali del 9 febbraio sono state depositate nel registro del Consiglio costituzionale. A presentare i ricorsi sono stati una dozzina di partiti politici, tra cui il Fronte socialdemocratico (Sdf), l'Alleanza nazionale per la democrazia e il progresso (Andp e persino il Raduno democratico del popolo camerunese (Rdpc), un partito al potere, ma accreditato con un grande anticipo alla prossima Assemblea Nazionale, secondo le prime proiezioni dei risultati.
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