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Proteste al porto di Lesbo Proteste al porto di Lesbo  

In Grecia la Caritas chiede soluzioni urgenti per i profughi

Violente manifestazioni sulle isole di Lesbo e Chio contro la costruzione di nuovi campi di accoglienza. La direttrice di Caritas Grecia, Maria Alverti, riferisce di strutture sovraffollate e prive di molti servizi di assistenza: “E’ necessario intervenire”

Marco Guerra – Città del Vaticano

Sulle isole greche di Lesbo e Chios 62 persone sono rimaste ferite, ieri, negli scontri tra la polizia e chi manifestava contro l’apertura di nuovi centri di accoglienza. La costruzione delle nuove strutture è stata pensata dal governo greco per sostituire i campi profughi attualmente presenti sulle isole che sono a pochi chilometri dalle coste turche e che sono meta di approdo di molti migranti.

Gli attacchi alla polizia

Le isole greche del Mar Egeo sono infatti il principale punto d'ingresso per i migranti che cercano una vita migliore nell'Unione Europea e gestire il flusso di persone e il crescente malcontento tra gli abitanti locali è diventata una sfida per il governo di centro-destra di Atene. Attualmente decine di poliziotti sono stati dispiegati nelle due isole greche, dove anche le autorità locali hanno dichiarato uno sciopero di 24 ore e hanno organizzato manifestazioni di protesta. La polizia ha riferito che 43 agenti sono stati feriti a Lesbo, mentre altri 11 agenti sono rimasti feriti a Chios, dove una folla inferocita ha fatto irruzione in un albergo usato dalla polizia antisommossa. Dodici persone sono state arrestate perché sospettate di essere coinvolte nell'attacco.

Ritardi nel vaglio delle richieste d’asilo

In base a un accordo del 2016 tra l'Unione Europea e la Turchia, i migranti che raggiungono le isole devono rimanervi fino a quando le loro richieste di asilo non vengono elaborate. Ma i ritardi nel processo di asilo, insieme all'aumento dei flussi migratori, hanno messo a dura prova il sistema e hanno portato a un forte deterioramento delle condizioni di vita nei campi esistenti, le cui popolazioni sono cresciute nonostante le autorità greche abbiano spostato le persone giudicate vulnerabili verso la terraferma.

Tre cardinali chiedono corridoi umanitari

Lo scorso 20 febbraio, in una lettera indirizzata alle Conferenze episcopali di tutta l'Unione Europea, i cardinali Jean-Claude Hollerich, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea, Michael Czerny, sottosegretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, e Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità, hanno chiesto la ricollocazione in altri Paesi europei dei rifugiati presenti nell'isola di Lesbo. I tre cardinali hanno scritto che, in ciascuno dei Paesi membri dell’Unione Europea, “le rispettive Conferenze Episcopali dovrebbero, in collaborazione con i singoli governi, concordare un progetto di corridoio umanitario da Lesbo e dagli altri campi di prima accoglienza in Grecia”.

Caritas Grecia: migliaia di rifugiati in pessime condizioni

“La gente locale protesta perché pensa che l’apertura di nuovi campi porti ad una maggiore permanenza dei rifugiati nelle isole”, dice a VaticanNews la direttrice di Caritas Grecia, Maria Alverti, che ricorda che sia Lesbo sia Chio hanno subito un’enorme ondata migratoria durante questo ultimo anno. “Lesbo ha una capacità di accoglienza pari a 3000 unità mentre attualmente il numero di rifugiati è di oltre 20mila – spiega ancora Maria Alverti -, la realtà ci dimostra che deve essere fatto qualcosa. Il campo di Moria ospita 1500 persone ma altre migliaia vivono intorno alla struttura alloggiati in tende in pessime condizioni. Donne e bambini sono in una situazione di insicurezza”.

Il piano del governo

La direttrice della Caritas ha quindi riferito che il Piano del Governo, per come è stato annunciato, è realizzare una serie di servizi per ospitare 7mila persone e, sempre secondo quanto riferito dal Governo, è lasciare i campi aperti durante il giorno e organizzare controlli durante la notte perché nessuno esca. “Personalmente ritengo che difficilmente questa soluzione possa realizzarsi – commenta la Alverti -. Com' è possibile realizzare tutto ciò tenendo chiuse 7mila persone, chi potrà assisterle dal punto sanitario? Io non so se questa è la soluzione. Certo, bisogna fare qualcosa perché attualmente non c’è spazio”.

Frustrazione tra i rifugiati

Un altro aspetto affrontato dalla direttrice Alverti è quello delle domande di asilo avanzate dai migranti. “Le persone aspettano mesi e mesi per avere almeno un colloquio - afferma - e questo crea grande frustrazione tra i rifugiati. Non so se avete sentito delle manifestazioni dello scorso mese”. Inoltre la Grecia ha chiesto agli altri Paesi europei di ricollocare circa 2000 minori non accompagnati, ma solo un Paese ha risposto a questo invito. “Il nostro team avverte che la situazione anche se sotto controllo non è pacifica”, conclude il numero uno della Caritas greca.

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27 febbraio 2020, 13:50