Libia, il governo Sarraj abbandona i colloqui di Ginevra
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Sempre più fragile la tregua in Libia. La decisione annunciata dal governo di Sarraj di abbandonare la sua partecipazione alla commissione militare congiunta a Ginevra, sotto l'egida Onu, decelera il processo politico avviato dalla Conferenza di Berlino del 19 gennaio scorso. In Svizzera erano riuniti, per un secondo incontro, i 10 rappresentanti militari libici, cinque inviati da Tripoli e altrettanti rappresentanti dell'autoproclamato Esercito nazionale libico guidato dal generale Haftar. L’obiettivo era proseguire sul solco tracciato a Berlino e giungere a un cessate il fuoco permanente.
Il problema delle armi
Le armi però non cessano di colpire in Libia. Ieri il generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, ha rivendicato l’attacco al porto di Tripoli contro una nave turca che avrebbe trasportato armi. "Non c'era nessuna nave turca, perché il porto è utilizzato solo per scopi commerciali” ha risposto un portavoce delle forze del governo di concordia nazionale libico.
Evitare che le armi arrivino in Libia sarà il compito della Missione aeronavale nel Mediterraneo dell’Unione europea che sostituirà la precedente Sophia con lo scopo di attuare l’embargo Onu sulle armi in Libia. Ieri a Roma, nel bilaterale tra Italia e Russia, il ministro degli esteri russo Lavrov ha chiesto che tutti i meccanismi della missione Ue "siano concordati con il Consiglio di sicurezza Onu". Intanto, la Turchia "continua a sostenere il governo legittimo libico di Tripoli" e "se non si arriverà a un accordo giusto ai colloqui internazionali, sosterremo le autorità legittime di Tripoli affinché prendano il controllo dell'intero Paese". Così il Presidente turco Erdogan, citato dai media ufficiali, durante il suo discorso alla riunione del gruppo parlamentare dell'Akp, il partito al potere in Turchia.
Il commento dell’esperta dell’Icg
“La decisione di ritirare i cinque membri del governo di Tripoli è uno sviluppo negativo, c’è però da dire che c’erano poche speranze in questo secondo incontro. Nel primo incontro le due parti avevano manifestato posizioni molto diverse e riavanzato richieste quasi incompatibili” commenta Claudia Gazzini, analista dell’International crisi group.
Mentre si cerca di arrivare a un cessate il fuoco permanente, il Paese rimane politicamente diviso, con il governo Sarraj che controlla Tripoli, Misurata e la fascia costiera nel lato Ovest, mentre nell’Est c’è un altro governo parallelo, non riconosciuto internazionalmente, con le sue istituzioni. “Le entrate statali attraverso la vendita di petrolio però - continua Gazzini - vanno ancora a Tripoli che ha il controllo delle risorse. Risorse che in questo momento vanno scemando per la chiusura dei pozzi e dei terminal petroliferi in tutto il Paese che ha portato a un crollo, quasi da un giorno all’altro, delle esportazioni di petrolio e quindi delle rendite. Oggi la Libia soffre di un deficit di circa 60 milioni di dollari al giorno e anche i servizi, che a Tripoli sono già precari, potranno subire un ulteriore peggioramento”.
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