La malattia, terra feconda per far germogliare la fede
Benedetta Capelli - Città del Vaticano
Non è una storia di tristezza, né di rassegnazione. È una storia che, pur nella sua drammaticità, ha ali per volare nonostante i muscoli bloccati, ha aria a volontà nonostante il respiratore e occhi vispi che guardano al cielo, che sognano, che si fanno speranza. La storia di Paolo Palumbo, ventiduenne malato di Sclerosi laterale amiotrofica, insegna molto sulla capacità di non arrendersi, sulla testardaggine tipica dei sardi, sui sogni che i giovani coltivano senza troppi pensieri. L’alleato di Paolo non è solo la sua famiglia ma anche il Rosario: lo ha cantato al Festival di Sanremo alcune settimane fa, presentando un suo brano. Nel rap: “Io sono Paolo”, interpretato attraverso l’utilizzo di un comunicatore vocale guidato con gli occhi, diceva: “credo e recito il Rosario ed è proprio lui a tenere lontano il mio sicario”.
Il volo di un drone
Ieri in Piazza San Pietro l’incontro con Papa Francesco, al termine dell’udienza generale. Un altro desiderio realizzato per Paolo dopo quello di diventare chef, di guidare un drone, di cantare a Sanremo. Era stato proprio il volo del drone a creare un ponte tra il giovane e il Pontefice. Francesco aveva visto su internet l’impresa del ventiduenne che, grazie ad una speciale applicazione, aveva fatto volare il drone con il solo movimento degli occhi. Così gli aveva inviato un biglietto scritto a mano nel quale confessava di essere rimasto molto colpito dalla sua forza di volontà e dalla sua tenacia. “Prego per te – le parole del Papa - fallo per me. Che il Signore ti benedica e la Madonna ti custodisca. Fraternamente, Francesco”.
L’albero diventato sempre più robusto
“Vi trasmetto l’amore che lui ha trasmesso a me”: ha scritto ieri Paolo sui social, raccontando ai suoi followers l’incontro in San Pietro. Toccanti le parole che ha voluto dire al Papa, vengono dal cuore, sono piene di speranza e dell’amore di Dio:
La malattia non ferma le preghiere, queste diventano più forti nell’offerta del proprio silenzio, nell’offerta dei limiti, nell’abbandono che apre alla gioia più vera.
Paolo Palumbo: la vita è veramente bella
A Vatican News, Paolo Palumbo ha voluto affidare un messaggio di fede:
Come dice il finale della mia canzone: credo e recito il Rosario ed è proprio lui a tenere lontano il mio sicario. La fede e la preghiera completano e rendono nulli tutti i drammi. Vorrei dire a tutti gli ascoltatori e a chiunque che la vita è veramente bella e preziosa, che giorno dopo giorno dobbiamo usare il tempo a nostra disposizione per diffondere amore e speranza.
Il fratello: Paolo è la ricchezza della nostra casa
“Ho una madre, un padre che adoro e un fratello che mi presta gambe e braccia e non mi lascia mai da solo”. Nel rap di Sanremo, Paolo Palumbo racconta così la sua famiglia. Suo fratello Rosario, 25 anni, confessa di non sapere cosa, ieri all’udienza generale, Papa Francesco abbia detto a Paolo perché lui tiene queste parole custodite come un dono:
R. – E’ stata un’esperienza incredibile. Siamo arrivati lì molto presto, eravamo tanto emozionati e quando il Papa si è avvicinato non riuscivo a crederci e nemmeno Paolo.
Paolo ha parlato al Papa del seme della fede che è germogliato nella malattia...
R. – Lui è sempre stato un ragazzo di fede. La fede nella nostra famiglia c'è sempre stata. Paolo, da quando sta male, crede, prega sempre di più e si è avvicinato moltissimo a Dio. Negli anni, il suo sogno è sempre stato quello di incontrare il Papa. Non ci possiamo ancora credere.
Che cosa ha rappresentato la malattia nella vostra famiglia? Anche per voi è stato un modo per far crescere la vostra fede?
R. – Sì la malattia ci ha uniti molto anche se siamo sempre stati una famiglia unita. Quando eravamo adolescenti, ognuno di noi stava prendendo giustamente la propria strada. Poi è arrivata la diagnosi come un fulmine a ciel sereno abbiamo dovuto un po' cambiare le direzioni delle nostre vite. Ma non in peggio, è stato un miglioramento perché l’amore ci ha uniti e la fede che già c'era è aumentata. Abbiamo visto la fede in Paolo diventare la sua forza. Insomma queste sono cose che ci hanno segnato profondamente.
Ricevi messaggi da parte di familiari di persone che come Paolo soffrono di Sla?
R. – Noi ogni giorno riceviamo tanti messaggi, i commenti su Facebook, su Instagram, tanti messaggi privati da parte di familiari di malati o anche di malati stessi che ci scrivono e che dicono che Paolo gli dà forza per continuare, per alzarsi ogni giorno. La cosa più importante è che loro danno poi la forza a Paolo. Lui come tantissime altre persone dimostrano che una malattia non deve fermare la vita, che la vita è il più grande dono che abbiamo e che dobbiamo cercare di fare del nostro meglio.
Che cosa ha detto Papa Francesco a Paolo e anche a voi come famiglia?
R. – Il Papa si è avvicinato a Paolo e gli ha detto parole che solo Paolo ha sentito e sta tenendo per lui perché sono un dono grande. A noi ha salutato e ci ha chiesto come è stato il nostro viaggio perché sa che veniamo da un po' lontano rispetto a Roma
Il contatto tra Paolo e Papa Francesco è avvenuto grazie al volo di un drone. Il Papa gli ha scritto un messaggio, è così?
R. – Esattamente. Quando a fine della scorsa estate, Paolo ha avuto il grande onore di essere il primo malato di Sla a pilotare un drone con gli occhi, a distanza ha visto il mondo dall’alto sempre stando in camera. E’ stato bellissimo perché ha fatto volare Paolo e poi Paolo è volato ancora di più quando ha ricevuto questa lettera proprio dal Vaticano, dal Papa. Già quello era un momento assolutamente unico e che si è completato proprio ieri.
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