No dei ribelli alla proposta di un Sud Sudan federale avanzata dal presidente Kiir
Marina Tomarro - Città del Vaticano
Si cercano soluzioni per la crisi in Sud Sudan, Paese che da tempo vive una grave crisi politica, una guerra civile che in sei anni ha causato più di 380 mila morti e una catastrofica emergenza umanitaria. I ribelli sud sud sudanesi hanno respinto la proposta del presidente Salva Kiir di tornare a un sistema federale di dieci Stati che aveva suscitato la speranza di aprire la strada alla formazione di un governo di unità nazionale entro il 22 febbraio, termine concordato nell'accordo di pace. L'ex vicepresidente Riek Machar, che vive in esilio, si oppone alla creazione di tre zone amministrative: Ruweng, Pibor e Abyei. Delle tre "aree amministrative", la più controversa è la regione petrolifera di Ruweng, nel nord del Paese, rivendicata sia dal Dinka, l'etnia del presidente Kiir, sia dal Nuer, l'etnia di Machar. È una delle zone in cui si sono svolti i combattimenti più feroci durante la guerra civile.
La mediazione di pace della Sant’Egidio
Intanto in questi giorni a Roma si è svolto il primo incontro di negoziati nella sede della Comunità di sant’Egidio, a seguito della dichiarazione firmata nella capitale lo scorso 12 gennaio. Hanno partecipato delegati del governo, di tutte le forze politiche dell’opposizione e di alcuni osservatori internazionali, tra cui l’Igad, le Nazioni Unite e l’Unione Europea. Nelle prossime settimane seguiranno altri incontri sulla governance e le cause principali del conflitto; il prossimo round sarà dedicato all’incontro tra i capi militari che dovranno rendere operative le decisioni prese in merito al cessate il fuoco e si svolgerà sempre a Roma nel mese di marzo.
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