Dopo l'Ebola, la Repubblica Democratica del Congo lotta contro il Covid-19
Andrea De Angelis e Roberta Barbi - Città del Vaticano
Il tempo di sollevare la testa ed è già il momento di affrontare una nuova sfida. La Repubblica Democratica del Congo non nasconde le ferite per l'epidemia di Ebola, ma neanche l'orgoglio con cui è riuscita ad arginare un possibile tsunami sanitario. Anzi, il Paese rispetto a qualche anno fa ha più personale medico, un numero maggiore di strutture e si prepara ad una nuova battaglia. Questa volta contro la pandemia di Covid-19 che dopo aver colpito duramente la Cina, si è spostata negli altri continenti. Africa compresa.
Il 3 marzo le dimissioni dell'ultimo paziente
L'ultima epidemia di Ebola, la decima nel Paese a partire dal 1976, ha causato oltre 2200 morti. Si tratta del secondo peggior bilancio per la Repubblica Democratica del Congo, dopo quello degli anni 2013-2016. Il numero dei vaccini è aumentato in modo importante: sono almeno 320mila le persone vaccinate nel Paese. L'epidemia è stata dichiarata ufficialmente nell'agosto 2018 ed è diventata emergenza internazionale a luglio 2019, quando ha minacciato i vicini Uganda e Ruanda. L’Organizzazione Mondiale della Sanità il 3 marzo scorso ha annunciato che l'ultima persona congolese malata di Ebola è stata dimessa dall'ospedale, chiarendo che ora bisognerà aspettare 42 giorni, ovvero due cicli interi di incubazione del morbo e si potrà poi dichiarare l’epidemia debellata. Un terzo dei giorni è già trascorso, ma nel frattempo il Paese registra i primi casi di Covid-19.
I timori per il coronavirus
Il primo caso risale alla scorsa settimana. Al momento sono una ventina le persone contagiate nella sola capitale Kinshasa, alle prese ancora con gli ultimi sforzi per debellare il virus dell'Ebola. Secondo l'Oms, infatti, sono necessari almeno altri 20 milioni di dollari per vincere quella battaglia ed affrontare poi la pandemia che sta stravolgendo ogni continente. A livello di prevenzione la situazione nel Paese è migliorata, ci sono centri per il monitoraggio per la temperatura corporea in molte zone di confine, così come prodotti per disinfettare le mani, ma è evidente che dinanzi al Covid-19 il timore della popolazione e delle Istituzioni cresca con il passare delle ore.
"Amici congolesi mi hanno scritto per sapere come stiamo"
La solidarietà, fosse anche via Whatsapp, non conosce confini. "Amici congolesi mi hanno scritto in questi giorni, preoccupati per la situazione in Italia e devo dire che questa cosa mi ha fatto tenerezza". Lo afferma nell'intervista a Vatican News il giornalista Michele Luppi, autore di africaeuropa.it e collaboratore di Nigrizia. Secondo Luppi la situazione nella Repubblica Democratica del Congo è ben diversa da quella in Europa, ma non solo per i numeri. Se i casi sono oggettivamente pochi, lo "state a casa" di matrice occidentale difficilmente può funzionare per tante nazioni africane. "La socialità, i mercati, il lavoro quotidiano, la mancanza di risparmi: tutto porta la gente ad uscire". Le misure prese dalle Istituzioni congolesi sono certamente importanti, così come l'appello dei vescovi a rispettare le norme straordinarie, spiega Luppi sottolineando come "sia doveroso fare tutti il possibile".
Le misure già prese
Questa settimana il presidente della Repubblica Democratica del Congo, Felix Antoine Tshisekedi Tshilombo, ha rivolto un messaggio alla nazione precisando che il Paese adotterà le seguenti misure: sospensione dei voli provenienti da Paesi a rischio, controlli alle frontiere, quarantena di 14 giorni per i casi sospetti. Inoltre si dispone per almeno un mese la chiusura delle scuole, la sospensione dei servizi di culto, delle attività sportive, dei servizi di bar e ristorazione e dei funerali.
La conferenza episcopale
In una dichiarazione di giovedì 19 marzo, la Conferenza episcopale nazionale della Repubblica Democratica del Congo (CENCO) chiede ai cittadini di “prendere coscienza che la pandemia di Covid-19 è pericolosa come l'epidemia di Ebola”, sottolineando come “una risposta efficace ci sarà grazie alle misure di restrizione prese dalle autorità competenti”. Da qui l'invito a rispettare le norme, “perché - si legge - il comportamento di ciascuno sarà vitale per tutti”. I vescovi congolesi aggiungono che la Chiesa prenderà tutte le misure di sicurezza richieste, quindi il messaggio si conclude con i vescovi che affidano il Paese al Signore ed alla Vergine Maria.
La lettera del vescovo
Un invito alla solidarietà è quello che arriva dal vescovo di Kikwit, monsignor Timothée Bodika, che in una lettera ai sacerdoti chiede di sostenere i malati ed il personale sanitario. “Questo dramma mondiale - scrive monsignor Bodika - la nostra diocesi l'ha già affrontato con l'epidemia di Ebola. Ciò alimenta ancora di più la nostra solidarietà”. “Vi invito a pregare con me per la pace nel mondo, la vera pace, la pace di Cristo. Abbiamo anche l'obbligo di pregare per i malati affinché possano ottenere dal Signore la guarigione del corpo e dell'anima nelle celebrazioni eucaristiche, finché dura - si legge ancora nella lettera - questa pericolosa epidemia e mentre accompagnano i malati delle nostre rispettive comunità, un pensiero sia rivolto a tutti i malati, specialmente alle vittime di questa pandemia mortale. Pregate anche perché gli operatori sanitari e gli scienziati di tutto il mondo conducano le loro ricerche nella verità, nel rispetto della dignità umana”.
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