Elezioni in Israele, Netanyahu in testa
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
A scrutinio non ancora completo, i dati parlano di 36 seggi al Likud di Benjuamin Netanyahu e 32 a Blu e Bianco di Benny Gantz. E se Netanyahu ha già avviato questa mattina contatti per un nuovo governo, il leader del partito centrista Gantz attende i risultati definitivi e aggiunge: "Valuteremo la strada da prendere e rispetteremo la decisione degli elettori". Benjamin Netanyahu l’ha definita la più grande vittoria della sua vita. "E' stata una grande vittoria per la destra, ma prima di tutto e soprattutto - ha detto - una vittoria per noi uomini del Likud".
L’analisi del voto
Per Maria Granzia Enardu, docente di Relazioni internazionali all’Università di Firenze, Netanyahu ha sicuramente avuto un successo personale: “Ha aumentato i suoi seggi, però è rimasto esattamente dov’era da circa un anno, cioè non riesce ad avere una maggioranza, anche minima, e la ragione non è solo l’opposizione del partito del generale Gantz, ma soprattutto che a destra gli ha negato il consenso da oltre un anno Lieberman, che è suo acerrimo nemico”. Per Israele, quelle di ieri sono state le terze elezioni in un anno. Alto il dato dell’affluenza che ha visto la partecipazione del 71% degli elettori. Un elemento nuovo che emerge da queste consultazioni, secondo la professoressa Enardu, riguarda la lista araba, che è cresciuta di ben 15 seggi e che però ha eroso spazio alla sinistra. “A destra di Netanyahu – aggiunge – i partiti minori hanno avuto anch’essi una riduzione dei seggi, cioè, c’è stata una sorta di cannibalizzazione da parte dei partiti maggiori".
Le reazioni dura dei palestinesi
E’ arrivata via twitter la reazione del Segretario generale dell'Olp, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina, Saeb Erekat, che ha commentato così il risultato di Netanyahu: ''Hanno vinto gli insediamenti, l'annessione e l'apartheid''. Per Erekat, la campagna del Likud "è stata sulla continuazione dell'occupazione e del conflitto". In mattinata è giunta anche la dichiarazione del portavoce di Hamas, Fawzi Barhum, secondo cui la fisionomia di un nuovo esecutivo israeliano non influenzerà in alcun caso la lotta contro la occupazione e la volontà di resistenza del popolo palestinese. Riguardo a come questo risultato si innesta nel Piano di pace per il Medio oriente presentato dal presidente statunitense Trump lo scorso gennaio, per la professoressa Enardu quello di Trump non è un vero piano di pace: Trump voleva una grande iniziativa che portasse il suo nome. Naturalmente Netanyhau può dire che quella è la base su cui si discute, una base forte per Israele, e se i palestinesi non cedono non si va avanti di un millimetro. Questa è la paralisi. Paralisi dei negoziati e paralisi all’interno di Israele, dove non hanno un governo e non lo avranno presto”.
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