Libano in default finanziario
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Il debito pubblico del Libano è pari a circa 77 miliardi di euro e corrisponde al 150 per cento del Prodotto interno lordo. I flussi delle entrate necessarie per finanziare la spesa pubblica si sono notevolmente ridotti. Il primo ministro libanese, Hassan Diab, ha fatto sapere che lunedì 9 marzo il Libano non è in grado di pagare la rata da 1,2 miliardi di dollari di interessi e cercherà nuovi accordi con i creditori. E’ la prima volta che il Libano, che da anni attraversa una grave crisi economica, non paga una rata del suo debito e rappresenta un segnale delle difficoltà nel Paese. In un discorso tenuto al termine di un lungo incontro con i suoi ministri e i rappresentanti delle banche del Paese, sabato 7 marzo, Diab ha spiegato che «il debito è diventato più grande di quanto il Libano possa sostenere ed è impossibile per i libanesi pagare gli interessi» sottolineando che sono in corso incontri con i creditori per ristrutturare l’enorme debito pubblico ed evitare la bancarotta.
Gli antefatti del default
Dopo anni di crescita, la crisi economica in Libano è cominciata nel 2011. Certamente l’impegno ad accogliere più di un milione di profughi in fuga dalla guerra in Siria – in un Paese di poco più del doppio di abitanti - non ha contribuito a stabilizzare l’economia, ma il punto centrale è che si sono ridotte da tempo le riserve di valuta straniera necessaria per ripagare debitori esteri. Le banche hanno imposto grossi limiti ai prelievi e si sono rifiutate di convertire la lira libanese in dollari. Tutti questi fattori hanno ridotto la capacità del Paese di importare beni dall’estero, riducendo le merci disponibili e rendendo ancora più grave la crisi economica. Si tratta di decidere se continuare a usare le sue riserve di valuta per ripagare il debito o saltare il pagamento di lunedì e conservarle per le importazioni.
Per ricordare cosa rappresenti il Libano in tutta l’area mediorientale e per spiegare alcuni degli elementi alla base della crisi economica, abbiamo intervistato Luigi Serra, docente all’Università Orientale di Napoli:
Quanto sta accadendo in Libano si inquadra nel difficile orizzonte pan mediterraneo di paesi in crisi politica ed economica, tra disagi, drammi, compreso quello dei morti in mare. Il Libano è circondato da scenari tragici e da Paesi gestiti da regimi e toccati dal terrorismo. Finora ha rappresentato nell’area una sponda di libertà, di tranquillità, di una gestione più meno democratica della vita, un esempio di solidarietà con i profughi.
Il malessere della gente nelle proteste di ottobre
I problemi per l'economia del Paese sono stati già al centro delle manifestazioni scoppiate ad ottobre scorso: gli slogan erano diretti contro la corruzione e contro il carovita. Il default di oggi arriva da lontano. Di fronte alle proteste sono state fatte promesse che non risulta si possano mantenere.
Negli anni Settanta il Libano era considerato la Svizzera del Medio Oriente. Era un luogo dove depositi finanziari arrivavano da molti altri paesi perché ritenuto sicuro. Poi è arrivata la guerra civile (1975-1990) e da allora il paese non si è mai davvero ripreso, anche se non si pensava in questi anni che il Libano arrivasse al crollo dell’economia. Certamente negli ultimi vent’anni è cambiato il flusso finanziario e sono cambiati i paesi di provenienza. In alcuni casi si è trattato di transiti non ufficiali, non sempre legalmente controllati
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