La pandemia in Africa, l’allarme di Sant’Egidio che interviene con Dream
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Il mortale braccio del coronavirus si sta inesorabilmente allungando verso l’Africa, ed è corsa contro il tempo per fermare il dilagare della pandemia che provocherebbe una strage dalle dimensioni catastrofiche, una preoccupazione fortemente sentita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpita dal trend crescente osservato, appunto, in quel continente. 52 i Paesi finora toccati dal virus, per un totale di oltre 33.200 contagi, con 1.470 morti. Ad aprire la lista l’Egitto, seguito dal Sudafrica. Nell’Africa occidentale i casi sono concentrati soprattutto in Ghana, Nigeria e Guinea. È dunque necessario intervenire con urgenza, come sta facendo la Comunità di Sant’Egidio, che oggi ha presentato le sue proposte per la prevenzione nei Paesi africani.
Il programma Dream potrà affrontare anche il Covid-19
“I 30 centri che si occupano del programma Dream, attivi da anni per la prevenzione e la cura di malati di Hiv, tubercolosi e malaria – spiega il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo – sono ormai aperti anche al tema della gestione del Covid-19. Il programma Dream non si è trovato impreparato nell'affrontare la nuova pandemia perché i controlli e le misure di contenimento sono del tutto similari tra il coronavirus e la tubercolosi. Entrambi si diffondono attraverso quelle che sono indicate come ‘droplets’, le goccioline, oggi i nostri centri sono quindi abilitati in questo discorso di prevenzione, rifornendo tutto il personale sanitario e parasanitario di strumenti protettivi quali mascherine, gel, e così via, nonché di tutto il necessario materiale informativo”. Quello della protezione dei 10mila operatori della Comunità è un punto fondamentale, spiega ancora Impagliazzo, che precisa anche la presenza di 25 laboratori di biologia molecolare in grado di effettuare test per il Covid-19.
In tutto il continente mancano posti in intensiva e respiratori
Uno degli aspetti più drammatici è la scarsità dei posti letto in terapia intensiva e dei respiratori. Un esempio, continua il presidente, sono “il Burkina Faso e la Somalia, in questi due Paesi i posti sono 15 ed i respiratori sono pochissimi. In Centrafrica, dove il Papa ha aperto la Porta Santa, i respiratori sono tre, in tutto il Paese”. L’azione di Sant’Egidio non è limitata ai suoi centri, si articola anche attraverso le sue comunità, tutto per aiutare a prevenire la diffusione del virus. Alla pandemia sono collegate poi altre emergenze socio-sanitarie, come lo scaso approvvigionamento di cibo, anche questo un problema che impegna la comunità. Con il lockdown in molti Paesi, dove non esiste un sistema di welfare, dove non esiste alcun sistema di protezione della vita delle persone da un punto di vista sociale, i problemi sono immensi e stanno veramente crescendo a dismisura, avverte ancora Impagliazzo.
Il picco del virus in Africa si aspetta a partire da metà maggio
“Il virus è arrivato in Africa in ritardo rispetto al resto dei Paesi - aggiunge – ci si aspetta un’onda lunga, un picco di contagi a partire dalla seconda metà di maggio”. Di qui il piano messo a punto da Sant’Egidio, che prevede anche la consegna dei farmaci agli ammalati, come gli antiretrovirali ai contagiati da Hiv, per 3-6 mesi, per evitare la circolazione dei malati. “Bisogna assolutamente accendere i riflettori – conclude il presidente di Sant’Egidio – perché non si arrivi troppo tardi”, di qui il richiamo alla comunità internazionale e l’invito ad aderire ad una sottoscrizione. “La fragilità provoca maggiore diffusione del virus, laddove non ci sono i mezzi bisogna spingere e aiutare perché arrivino, e perché sia garantita a tutti l’accessibilità alle cure”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui