Coronavirus in crescita in America Latina, si teme il collasso economico
Michele Raviart – Città del Vaticano
L’America Latina, insieme all’Africa e all’Europa dell’est ,è una delle aree del mondo in cui l’Organizzazione mondiale della Sanità è fortemente preoccupata per il trend dei contagi da coronavirus. Ventimila sono infatti i nuovi casi ufficiali nel sud e nel centro America registrati nelle ultime 48 ore. In totale sono ora 121 mila le persone positive mentre i morti sono 6 mila, mille in più negli ultimi due giorni.
Si teme l'arrivo dell'inverno
Il Paese con più casi, circa due terzi del totale, è il Brasile, ma in generale, spiega a Vatican News il giornalista Alfredo Luis Somoza, presidente dell’Istituto Cooperazione economia internazionale di Milano, “la situazione dei contagi è un po’ a macchia di leopardo”. Oltre al Brasile centromeridionale “il focolaio più importante è nella città di Guayaqil, in Ecuador e anche in Perù stanno aumentando molto i casi di decesso”. “I timori maggiori per l’America latina”, afferma, “riguardano i Paesi in cui sta arrivando l’inverno” e in particolare Argentina e Uruguay, in cui il Covid-19 potrebbe aggiungersi all’influenza stagionale.
La debolezza dei sistemi sanitari
Difficile prevedere il futuro dei contagi, ma a fatica sistemi sanitari nazionali potrebbero affrontare efficacemente un aumento esponenziale della pandemia. “Se ci fosse una situazione come in Europa sicuramente non sarebbero in grado di gestire l’epidemia, perché la sanità pubblica è disastrata ovunque e la sanità privata è solo per chi se la può permettere”, spiega ancora Somoza.
Previsto il crollo del Pil nel 2020
Intanto la situazione economica rischia di essere peggiore di quella sanitaria. Secondo la Commissione economica per l’America latina ed i Caraibi delle Nazioni Unite, si stima per il 2020 una flessione del 5,3% del Pil in tutta l’area a causa della pandemia. Si tratterebbe dei dati peggiori della storia per il Sudamerica, anche oltre la grande depressione degli anni 30, si legge nel rapporto.
Il lavoro nero rende invisibili
Tra le cause del crollo, la riduzione del commercio internazionale, in particolare verso la Cina, la caduta dei prezzi delle materie prime e una minore domanda di servizi turistici. Si prevedono anche alti tassi di disoccupazione, come dimostrano anche le manifestazioni di questi giorni. “Non si contano le proteste in Colombia, in Cile, in Argentina, in Bolivia, perché la struttura del lavoro in questi Paesi - in media intorno al 40% - riguarda il cosiddetto lavoro informale, cioè l’economia in nero”, sottolinea Somoza, che aggiunge “in questo momento quando gli Stati decidono, come è successo in Colombia, di dare un sostegno ai lavoratori in crisi, queste persone non vengono raggiunte, perché statisticamente nemmeno esistono. E stiamo parlando di percentuali che possono essere vicine al 50% in Bolivia o in Perù”.
La "tempesta perfetta" del Venezuela
In questo contesto è ancora più preoccupante la situazione in Venezuela, già colpita da una crisi politica, economica e sanitaria. In queste ore il governo di Caracas discuterà all’Onu la situazione del Paese, chiedendo agli Stati membri di “revocare le misure coercitive unilaterali, perché ledono i diritti umani fondamentali”. Poche centinaia i casi di coronavirus confermati, ma il sistema sanitario è al collasso.“In Venezuela c’è una sorta di tempesta perfetta”, spiega infatti Somoza: “si calcola che in questi anni circa il 50% dei medici è emigrato. Solo in Argentina sono 4000 quelli arrivati in questo periodo, quindi la struttura sanitaria è ridotta al lumicino per mancanza di risorse, ma anche per mancanza di professionisti. A questo si aggiunge anche, e questo è il grande paradosso, che il Venezuela è praticamente senza benzina, pur essendo uno dei Paesi al mondo con più petrolio non ha praticamente più la capacità di raffinarlo”.
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