In Colombia è già finita la tregua legata alla pandemia
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Un solo mese di tregua, salvo positivi colpi di scena nelle prossime 48 ore. Ieri L'Esercito di liberazione nazionale (Eln) della Colombia ha comunicato infatti la decisione di non estendere la tregua militare unilaterale - il cui termine è fissato per giovedì 30 aprile -, sostenendo che il Governo non avrebbe risposto positivamente alla sua proposta di pace. I membri dell'Eln accusano l'Esecutivo colombiano di non aver avviato una discussione costruttiva, ma di aver cercato - questo è quanto si legge nel comunicato pubblicato sul portale dell'Esercito di liberazione nazionale - di acquisire vantaggio dal cessate il fuoco, attraverso operazioni congiunte con i paramilitari per ottenere un maggiore controllo territoriale.
La richiesta delle Nazioni Unite
L'Onu aveva chiesto un prolungamento della tregua visto il buon esito della stessa. Secondo Carlos Ruiz Massieu, rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite in Colombia per l'attuazione dell'accordo di pace con le Farc, infatti non vi sono state operazioni da parte delle truppe colombiane contro l'organizzazione ribelle. "Questo si è tradotto in una riduzione dei livelli violenza e quindi in un sollievo per le condizioni di molte popolazioni colpite dal conflitto armato” ha affermato Massieu, aggiungendo che “in un momento in cui la pandemia rappresenta una grande sfida, è essenziale stabilire condizioni per assistere le popolazioni più vulnerabili”. Da qui la richiesta del delegato Onu ai “gruppi che generano violenza" di "sospendere le loro azioni" in modo che gli aiuti umanitari possano raggiungere le popolazioni più vulnerabili.
“Occorre risedersi al tavolo”
“Dopo lo storico risultato del 2016, è arrivato il momento per le parti di sedersi nuovamente al tavolo così da attuare in concreto ciò che ancora è rimasto sulla carta”. Lo afferma nell'intervista a VaticanNews Lucia Capuzzi, giornalista di Avvenire esperta di America Latina, commentando l'annuncio della fine della tregua in Colombia. “L'accordo con le Farc era e resta storico - spiega -, ma purtroppo negli ultimi anni si è visto con forza che non è stato realizzato quanto scritto in quegli accordi, sia per motivi oggettivi che per una scarsa volontà politica di una parte della classe dirigente colombiana”. “In questo senso - aggiunge - vanno lette le proteste dello scorso novembre in Colombia, dalla richiesta della riforma agraria a quella di una giustizia riparativa”. Una mancanza, questa, che secondo la giornalista si è manifestata anche “nel mancato tentativo da parte del Governo di colmare il vuoto lasciato dalle Farc in termini di servizi pubblici per la popolazione della Colombia rurale”, permettendo così a “gruppi paramilitari di avanzare e conquistare il territorio”. Venendo al cessate il fuoco dichiarato dall'Esercito di liberazione nazionale lo scorso mese, Capuzzi sottolinea come “fosse stato giustamente ben accolto dalla comunità internazionale, ma non si può negare che durante la pandemia siano aumentati gli omicidi di leader sociali”.
I numeri della pandemia
In Colombia, stando agli ultimi dati, si registrano in totale 5.597 casi, sono 252 i morti ed oltre mille le persone attualmente ricoverate. Quasi il 40% dei casi si sono registrati nella provincia di Bogotà, dove sono una novantina le vittime. Il maggior aumento di casi si è avuto la scorsa settimana, venerdì 24 aprile, con una crescita del 7% che fa pensare ad un picco in corso nel Paese latinoamericano. Il primo caso è stato registrato il 6 marzo: si è trattato di un diciannovenne che il mese precedente si era recato in Italia, a Milano.
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