Covid-19. Immuni, una app anti-contagio che fa discutere
Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
Ribattezzato con l’inquietante nome di ‘Immuni’, lo strumento che dovrebbe arginare il contagio è una app da scaricare su smartphone e dispositivi da indossare, che già fa molto discutere. Si tratta, infatti, di uno strumento di controllo che permetterebbe di tracciare i contatti tra chi lo utilizza e facilitare così l’individuazione di persone potenzialmente a rischio di contagio da coronavirus. Il commissario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, ha definito Immuni uno strumento fondamentale per garantire la sicurezza della Fase-2, ribadendo tuttavia che il suo utilizzo sarà su base volontaria e non comporterà alcuna restrizione per chi deciderà di non scaricarla.
Immuni segnala chi si incontra, non dove si è stati
“In gergo tecnico viene definita una app di contact tracing, una tecnologia che permette di tracciare i contatti tra individui senza però avvalersi di un sistema di geolocalizzazione.” A spiegare il funzionamento, ma anche i rischi di questo strumento, è Pierluigi Paganini, esperto di Cybersicurezza: “Lo scambio dei dati avviene attraverso la tecnologia Bluetooth e non attraverso il GPS, quindi registra solo le interazioni tra individui e non dove queste avvengano.” Nel momento in cui due o più individui entrano in contatto per un determinato lasso di tempo, le app iniziano a scambiarsi una serie di informazioni, che potranno indicare attraverso la cronologia dei contatti chi eventualmente sia stato esposto a un rischio di contagio.
Funziona se utilizzata da almeno il 60% delle persone
Tra i punti critici del sistema pensato per arginare i focolai di contagio c’è il forte senso civico dei cittadini. Chi viene avvisato dal dispositivo di essere stato a contatto con una persona infetta dovrebbe, infatti, ‘autodenunciarsi’. E poi c’è il nodo critico dell’utilizzo della app su base volontaria. “Se non si arriva al famoso 60% della popolazione – spiega Paganini - si vanifica la possibilità di tenere sotto controllo i contagi.”
I dubbi per la privacy
Nonostante tutte le rassicurazioni, restano forti dubbi per la tutela della privacy. “Qui il grosso problema non è tanto il fatto di essere monitorati o di sottoporsi comunque a delle restrizioni, quanto il fatto di sapere chi sarà a gestire i dati che vengono raccolti.” Nei Paesi in cui dispositivi simili sono già stati sperimentati - Germania, Francia e Singapore – la raccolta dei dati è centralizzata e in mano allo Stato. Il rischio di affidarli a dei privati, invece, è molto alto. Basti pensare all’immensa sottrazione di dati personali verificatasi in questo periodo in cui tutti siamo iperconnessi nell’ambiente digitale. Cosa accadrebbe se qualcuno riuscisse a bucare il sistema di sicurezza deputato a proteggere questi dati?
Pericoli anche per la sicurezza nazionale
“Una prova della fragilità di questo sistema di controllo – prosegue Pierluigi Paganini – arriva dall’Olanda dove, poco tempo dopo aver reso pubblico il codice sorgente di una delle applicazioni candidate, si è subito osservato un data-leak, una divulgazione di dati di cittadini olandesi. Ovviamente si tratta di un caso limite, ma sufficiente a destare preoccupazione da parte del COPASIR, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.”
In caso di attacco informatico sarebbe il panico
Tra i rischi da tenere presenti c’è anche quello del sabotaggio. “Sarebbe catastrofico - ammonisce Paganini -. Immaginiamo un attaccante in grado di manipolare l'efficacia della app inviando in maniera indiscriminata tutta una serie di messaggi di allarme e ingenerando falsi positivi, a questo punto chiaramente tutto il modello crollerebbe con ripercussioni sulla mobilità, sulla sanità, sulla società del tutto imprevedibili.”
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