Covid 19: Francesca e la vita che resiste
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
E’ una donna chiara e diretta, Francesca Di Cosmo, 71 anni di Milano. Una vita spesa ad accogliere la vita che nasce, ad offrire la sua esperienza alle donne che stanno per partorire, a rassicurarle, a stringerle in un abbraccio. E’ diretta perché non vuole raccontare molto di sé, vuole solo che emerga “lo stile” della Fondazione Rava con la quale collabora da tempo. Le piace la loro dedizione, il loro esserci negli scenari più difficili che siano dall’altra parte del mondo come a casa nostra. Con loro è stata ad Haiti, dopo il devastante sisma del 2010, e impegnata nella missione “Mare Nostrum”. Con loro è tornata al Mangiagalli, la sua casa per moltissimi anni. Ma è quasi impossibile non innamorarsi della storia di Francesca perché nelle pieghe del suo racconto emerge la straordinaria normalità di chi ha scelto di darsi agli altri. Papa Francesco, a Santa Marta qualche giorno fa, ricordava che saremo giudicati sull’amore che abbiamo donato. Parole che nella vita di questa ostetrica si trasformano in gesti, in presenza, in impegno costante.
Abbracciare la solitudine delle mamme
“A marzo – racconta Francesca – ho ripreso il mio lavoro alla Mangiagalli. La Fondazione Francesca Rava aveva chiesto disponibilità e io ho detto sì. Faccio i turni a seconda della necessità del reparto di ostetricia che, per la pandemia, è stato attrezzato in modo da accogliere mamme con il coronavirus”. A colpire Francesca è la forza di tante donne che, anche da sole, vanno in ospedale per partorire. “Mi ha impressionato, in questo momento di difficoltà, la capacità di alcune mamme di affrontare il parto pur non avendo accanto nessuno. ‘Ma il papà dov’è?’: ho chiesto un giorno ad una signora. ‘A casa con gli altri bambini’: è stata la risposta, pensiamo a quanto tutto questo sia difficile. Anche partorire con la mascherina, farlo avendo davanti medici, ostetriche e anestesiste con la mascherina”. Un clima surreale per accogliere una vita. “Ho assistito al parto di un’insegnante, originaria del sud ma che lavora qui nel milanese, con il marito che era a Taranto e non era potuto venire ad assisterla. Abbiamo fatto video e foto con whatsapp - racconta Francesca - per far vedere il bimbo al padre. Questa signora mi ha fatto tanta tenerezza”.
“Le cose andranno meglio”
Nascere con il coronavirus assume senz’altro un significato diverso, nuovo. “Appena prendo questi bimbi – spiega l’ostetrica – dico loro che non sarà sempre così il mondo in cui vengono. ‘Non ti preoccupare – ripeto – le cose andranno meglio’. Non è un momento facile questo, la mamma deve stare attenta a tutto anche se non è positiva al virus, ci sono limitazioni nelle visite dei parenti ed incide molto sul clima di festa che una vita nuova porta. La stessa cosa poi sarà a casa perché anche lì non si potranno ricevere i nonni, le amiche, i vicini. Una donna poi, dopo la nascita, si sente travolta e non poter contare sul sostegno di una madre, ad esempio, rende tutto più complicato”.
Non sono un eroe
“Penso ai santi della porta accanto in questo momento difficile. Sono eroi! Medici, volontari, religiose, sacerdoti, operatori che svolgono i loro doveri affinché questa società funzioni. Quanti medici e infermieri sono morti! Quanti sacerdoti sono morti! Quante religiose sono morte! In servizio, servendo”. Le parole del Papa colpiscono Francesca che però ci tiene a sottolineare che lei non è un eroe, “per niente” – ribadisce – “sono solo una persona che fa il suo lavoro con passione e penso di essere ancora in grado, per questo mi metto a disposizione ora che ce n’è bisogno”. “Dobbiamo servire, dobbiamo servire, dobbiamo servire”: ripete tre volte l’ostetrica, “è davvero così e quando uno ha le mani e le competenze per farlo, bisogna farlo, ce lo chiede Cristo, perché noi dobbiamo essere a servizio”.
Ostetrica da sempre
E’ una seconda pelle il mestiere di ostetrica. “Non si può smettere mai – sottolinea Francesca – perché lo si è sempre. Quando sono andata a rinnovare la carta d’identità mi hanno chiesto cosa scrivere accanto alla professione, lì per lì ho detto di mettere che ero pensionata, ma poi ho pensato che io sono ostetrica e lo sarò per sempre”. Ostetrica anche tra le strade di Haiti, nella prima missione con la Fondazione Rava. “Un paese poverissimo, devastato nel 2010 da un terremoto, poi dal colera. Sono stata a Pourt-au-Prince nell’ospedale pediatrico Saint Damien, ho sempre lavorato per la maternità, in totale due anni. Lì – spiega l’ostetrica - ricordo la sensazione bella quando tutto andava bene, quando il parto si concludeva con serenità e in un Paese come Haiti non era per niente scontato”.
Il cuore della madre
L’esperienza di Francesca nella missione della Marina Militare, “Mare Nostrum”, è durata 4 mesi, sono stati 150mila i bambini, le donne e le persone migranti soccorse grazie all’impegno della Fondazione Rava nel Mediterraneo e all’aiuto dei suoi volontari sanitari. “Quello che mi ha colpito di quell’esperienza – spiega l’ostetrica – sono stati i ragazzi che dicevano di avere più anni ma si capiva che erano minori non accompagnati. Guardandoli pensavo a quelle mamme che si erano staccate dai loro figli pur di salvargli la pelle. Pensavo a cosa vivevano, a cosa accadeva in quei Paesi tanto da indurle a fare una scelta così dolorosa”.
La scintilla in un lebbrosario in Brasile
Frequentare la vita ma anche il dolore, la gioia e l’abbattimento e rispondere in un solo modo: rimboccarsi le mani. L’impegno di Francesca nasce dal vedere la sofferenza in un lebbrosario in Brasile, durante una vacanza, con i padri del Pime. “E’ stato lì che ho cambiato la mia mentalità e che ho detto che nella mia vita non mi sarai mai più dovuta lamentare. Mai più”. Una speciale sintonia con Papa Francesco su questo punto!
La Fondazione Rava
La Fondazione Francesca Rava sta raccogliendo fondi e reperendo le attrezzature per accogliere le richieste di aiuto dagli ospedali di varie città sul territorio nazionale tra cui: Como, Verbania, Roma, Napoli, Siracusa, dopo aver risposto a quelle di diversi ospedali lombardi reperendo e donando attrezzature urgenti per le terapie intensive e inviando volontari sanitari specializzati. Attrezzature salvavita ma anche gesti di umanità: la Fondazione sta donando tablet all'Ospedale Sacco e ad altri ospedali per consentire ai pazienti di comunicare con i propri familiari. Fino al 20 aprile è possibile contribuire con un sms o da rete fissa al 45596.
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