Covid-19, Alex Zanardi: “Sfida di squadra. Così saremo persone migliori"
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Le sfide per uno sportivo sono all'ordine del giorno. L'allenamento è tutto, senza, non si può intraprendere nessun cammino. Neanche quello più trionfale. La costanza, dunque, unita ad un pizzico di sana follia che ti porta a spostare il limite un po' più in là di quanto immaginavi. Lo sa bene Alex Zanardi, pilota di Formula 1, la cui vita è mutata nel settembre del 2001 a causa di un grave incidente in pista. Lo sa bene la famiglia, che l'ha supportato in ogni scelta. In qualunque sfida. A partire da quella con la vita. L'ha vinta, Zanardi. La continua a vincere ogni volta che torna in pista seppur in diverse discipline, sfidando se stesso e gli altri. Vincendo ori paralimpici, due a Londra 2012 ed altrettanti a Rio 2016. L'obiettivo, da tempo, era ripetersi a Tokyo, questa estate. La vita gli ha chiesto di spostare l'asticella di altri 12 mesi. Lui che, classe 1966, ha visto già tanti colleghi scegliere la via del ritiro. Una nuova sfida, di cui parleremo il prossimo anno. Ora lo raggiungiamo telefonicamente per “la partita più importante”, a livello mondiale: quella dell'umanità contro la pandemia di Covid-19.
Il desiderio di superare le difficoltà
“Gli impegni ci sono, ma il tempo non manca”. Inizia così il colloquio con Alex Zanardi, sorridente al telefono e disposto a lasciare un messaggio di autentica speranza. Quella che va a braccetto con la tenacia. “Lo sport - esordisce - è un terreno nel quale devi avere il desiderio di superare le difficoltà che hai davanti, sono gli stessi avversari a crearle”. “Quella della pandemia invece è una partita diversa, perché imposta alle persone, ma che ha un comune denominatore con lo sport - aggiunge -, ovvero ci chiama tutti quanti a cercare di essere persone migliori”.
Non nascondere paura e preoccupazione
Secondo il campione paralimpico italiano nascondere le difficoltà è un errore. “Vivere la pandemia non equivale a non avere paura, preoccupazione. Timore. Fa parte dell'essere umano: la preoccupazione sa guidare e disciplinare i comportamenti”. Ciò che bisogna invece mettere da parte è il panico. “Quello, nell'emergenza coronavirus come nello sport - afferma - è pericoloso davvero, ed in questo caso commettere degli errori potrebbe avere conseguenze molto gravi. Non solo personali, ma per il prossimo”. Da qui l'invito a comportarci tutti “come in una grande squadra, dove ognuno fa la sua parte”. La ricetta vincente? Rispettare le direttive ed attingere anche al buonsenso. “A quei valori che fanno parte della nostra educazione - aggiunge - e che siamo chiamati a recuperare”. Così come dobbiamo riscoprire la lucidità che ci “impedisce di vivere in modo superficiale”. Un processo che secondo Zanardi è già in atto “ed i cui frutti - auspica - resteranno anche dopo la pandemia”. Su tutti la capacità di interessarsi al prossimo e di comprendere cosa conta davvero nella vita.
La fragilità di ciascuno e di tutti
Lo scorso venerdì 27 marzo, nello storico momento di preghiera in una Piazza San Pietro totalmente vuota, il Papa ha sottolineato come in questa emergenza “ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”. Alex Zanardi ha conosciuto personalmente la fragilità, ma alla richiesta di dare un suggerimento a coloro i quali oggi la riscoprono o la scoprono per la prima volta, risponde con un “io non sono nessuno per dare suggerimenti, al massimo posso raccontare la mia esperienza”. La vita di un uomo che “nei suoi primi cinquant'anni e rotti di vita ha avuto un numero incredibile di esperienze, con tanti momenti di riflessione profondi”. “Io credo che un buon punto di partenza - afferma - consiste nel guardare gli altri. L'ispirazione può essere trovata in tante persone che sono capaci di fare delle cose, di superare le difficoltà, con pazienza ed impegno”.
Non esiste la perfezione
“Nessuno di noi può tendere alla perfezione, non ci appartiene, ma ciascuno può cercare ogni giorno dei piccoli miglioramenti”. Una convinzione, questa, che non vuol dire passività. “Dobbiamo cercare la strada, scorgere gli esempi, non possiamo aspettare che ci sia sempre qualcuno ad indicarci come e cosa fare”, sottolinea Zanardi. Commettere degli errori e cambiare idea “è normale”, così come mostrarsi più deboli di altri. “Però è possibile cercare di essere perfetti nelle intenzioni. Questo dobbiamo farlo, riflettendo bene prima di agire”.
Stare a casa? Un gesto sportivo
“Quando una persona si cimenta in qualcosa e dà il meglio delle proprie capacità, in fondo sta compiendo un gesto sportivo”. Zanardi legge così la capacità degli italiani di restare a casa, rispettando le restrizioni “necessarie ad arginare il coronavirus”. Il suo grazie va a chi si spende e mette a rischio la propria vita per salvarne agli altri: medici, infermieri. “Come quella giovane infermiera che aveva i segni della mascherina sul viso, dopo 14 ore di lavoro. Condividere quella foto, dare spazio a queste storie mettendo da parte il gossip, lo scandalo, le polemiche futili è un altro segno che stiamo andando nella giusta direzione”, conclude. Come una squadra.
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