Tra le mosse a sorpresa di Haftar arriva il cessate il fuoco
Fausta Speranza - Città del Vaticano
Il portavoce militare di Haftar ha sottolineato che nonostante la pausa in tutte le operazioni militari “si risponderà immediatamente e in modo duro ad ogni violazione da parte delle milizie terroristiche”. Altre volte dichiarazioni della dirigenza militare della Cirenaica non sono state applicate travolte dagli eventi sul terreno. E soprattutto questa dichiarazione di tregua arriva due giorni dopo che Haftar ha annunciato di essere stato acclamato alla guida di tutta la Libia e ha dichiarato conclusi gli accordi di Skhirat del 2015, sulla base dei quali era nato il “governo di accordo nazionale” di Tripoli. Questo passo indietro rispetto agli accordi è stato condannato dall'Onu, dagli Stati Uniti e da altri Paesi tra cui anche la Russia tradizionalmente vicina al generale.
Gli ultimi sviluppi sul campo
In questi giorni le milizie alleate del governo di Fayez Serraj, il primo ministro riconosciuto di Tripoli, circondano la città di Tarhuna, che ha rappresentato finora il più importante avamposto dello schieramento di Haftar in Tripolitania. E' considerata la base da cui le forze della Cirenaica alimentano le linee che assediano Tripoli. Le truppe fedeli a Serraj sembrano pronte a sferrare l'attacco per conquistare Tarhuna, con il dichiarato sostegno della Turchia, ma sono in corso negoziati per evitare un bagno di sangue e la devastazione della città.
Le proposte del presidente del Parlamento per il dialogo
Il capo della Camera dei rappresentanti libica (Hor), Aqila Saleh, ha ribadito di mantenere valida la sua proposta di dialogo politico in otto punti che ha avanzato giovedì scorso. Saleh ha confermato che “non vi sono divergenze” con Haftar. Lo scrive il sito Libyan Address sintetizzando dichiarazioni fatte dopo l'annuncio di Haftar di voler prendere il potere in Libia in quello che è stato definito da più parti una sorte di golpe. Il generale Haftar, nell'annuncio dell'altro ieri sera, aveva dichiarato anche la "fine dell'accordo di Skhirat" del dicembre 2015 riconosciuto dall'Hor e questo aveva autorizzato molti a parlare di rivolta di Haftar contro il Parlamento di Tobruk, peraltro già indebolito dalla scissione di una trentina di deputati che si riuniscono a Tripoli. Saleh ha affermato che la propria iniziativa politica “non contraddice le recenti dichiarazioni di Haftar”.
L'appello della Tunisia
Di fronte agli ultimi sviluppi della situazione in Libia, la Tunisia ribadisce "la sua posizione costante nei confronti della crisi libica basata sulla legalità internazionale e sul rispetto della volontà del popolo libico". E' quanto si legge nel comunicato del ministero degli Esteri di Tunisi. Il Paese nordafricano sottolinea la necessità di "rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, in particolare la n. 2259 del 23 dicembre 2015, che determina le istituzioni legali riconosciute a livello internazionale come previsto dall'accordo politico libico, il quadro giuridico per una soluzione politica". In questo delicato contesto, attraversato dalla vicina Libia, la Tunisia ribadisce la sua richiesta di una soluzione politica globale e duratura basata su un dialogo inter-libico che esprima la volontà del popolo libico sotto gli auspici delle Nazioni Unite e lontano da qualsiasi intervento straniero". Nella nota si legge inoltre che Tunisi chiede "un accordo che preservi l'integrità territoriale e la sovranità della Libia e risparmi il suo popolo dagli effetti tragici del conflitto e del caos".
Per riflettere sulle ultime dichiarazioni e decisioni di Haftar, sul ruolo delle forze in campo, sulle potenze internazionali coinvolte, sui rischi di una situazione esplosiva che richiederebbe un approccio realmente multilaterale e una roadmap precisa, abbiamo intervistato Domenico Fracchiolla, docente di Relazioni internazionali alla Luiss e all’Università di Salerno:
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