Elezioni in Mali tra rischio coronavirus e violenze politiche
Michele Raviart – Città del Vaticano
In un Mali stretto tra gli attacchi dei gruppi jihadisti a nord e i rischi di contagio da coronavirus si è svolto questo fine settimana il secondo turno delle elezioni legislative. Previste nel 2018 e rinviate per ragioni politiche e di sicurezza le consultazioni hanno registrato, come nel primo turno del 29 marzo, violenze e una scarsa affluenza.
Elezioni decisive per il futuro
Il presidente Ibrahim Keita aveva insistito molto sulla partecipazione a queste elezioni, che dovrebbero formare un parlamento incaricato di studiare una riforma costituzionale decisiva per rinsaldare un Paese sempre più diviso tra nord e sud. “In democrazia niente batte la piena legalità istituzionale come il gioco normale delle istituzioni”, aveva dichiarato in un messaggio alla nazione, pronunciato con il volto coperto da una mascherina.
Scarsa affluenza a Bamako
Eppure l’affluenza è stata molto bassa, circa del 16%, e si è votato più nelle campagne che nella capitale Bamako, probabilmente la più colpita dai timori di contagio, in un Paese che registra ufficialmente 216 casi di Covid-19 e 13 morti finora. “Certamente è stata un’elezione molto difficile”, spiega a Vatican News l’africanista Enrico Casale: “queste sono le uniche elezioni africane in tempo di coronavirus e sono state molto delicate da questo punto di vista”. “Fuori dai seggi sono state messe delle bocce d’acqua per potersi lavare le mani. In alcuni seggi, ma non in tutti, sono state distribuite le mascherine”, ha spiegato. Piccoli presidi contro il possibile espandersi del coronavirus che si sta diffondendo lentamente in tutta l’Africa”.
Impossibile votare in almeno mille seggi
Specialmente nel nord e al centro del Mali invece si è votato con difficoltà o è stato impossibile farlo. Almeno mille seggi su 22 mila, secondo fonti governative, sono rimasti chiusi. Nella regione di Mopti è stato rapito il presidente di un seggio e gli altri membri della commissione elettorale sono stati minacciati con le armi. A sud di Gao il materiale elettorale è stato saccheggiato. A Sosobè e Togorougoumbé i jihadisti hanno impedito agli elettori di raggiungere le urne.
Il rapimento di Cissè
Si tratta di zone vicino a quella in cui è stato rapito il 25 marzo scorso il leader dell’opposizione Soumaila Cissé. Un gesto attribuito con ogni probabilità ai gruppi jihadisti, ma che non è stato ancora rivendicato e che non ha impedito al tre volte candidato alla presidenza del Mali di essere uno dei 22 deputati su 147 eletti al primo turno. “Il Mali è in preda a una grande instabilità”, spiega ancora Casale, non si sa chi abbia rapito Cissè e dove sia in questo momento, ma già il fatto che sia stato rapito dimostra quanto fragile sia la situazione nel Paese”. I primi risultati delle votazioni dovrebbero arrivare nei prossimi giorni.
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